banconote di diversi tagli, e che la
maggior parte dei distributori automatici, in questo caso le cellule, non accetti banconote, bensì solo monete. Ecco, l’ATP è la moneta dell’esempio, l’unica fonte di energia spendibile a livello biologico. Cosa significa ATP? ATP sta per adenosin trifosfato ed è il carburante dei muscoli e di ogni altra cellula, una vera bomba ultramicroscopica d’energia. Non importa ciò che fate, sia che vi sfioriate un orecchio o solleviate 100 kg alle distensioni su panca, sarà sempre e solo la disponibilità di ATP a consentirvi di farlo. Tuttavia, per disporre continuamente di ATP bisogna spendere le banconote, ovvero i nutrienti da cui poter estrarre l’energia chimica necessaria a ricostituirlo dall’ADP, ciò che dell’ATP resta dopo che l’organismo l’ha utilizzato per le sue necessità energetiche.
L’ ATP è un composto del carbonio con una struttura ben ordinata, come quella di una spina dorsale. Come tale si compone di uno zucchero, il ribosio, che da una parte lega una base azotata e dall’altra una coda formata da tre gruppi contenenti il fosforo (P), da cui, appunto, il nome di trifosfato. Quest’ultima porzione della molecola è molto instabile, e come tale rappresenta l’unica parte attiva dell’ATP.
Infatti, è proprio tra i gruppi contenenti il fosforo che c’è un sacco di energia potenziale, la stessa che permette ai muscoli di contrarsi. Ogni gruppo fosforico dell’ATP è formato da un atomo di fosforo legato ad atomi di ossigeno (O). Come si può vedere nell’immagine al lato, l’ossigeno si lega agli atomi di fosforo sia centralmente, per mantenerli uniti assieme, che lateralmente per occuparne i legami laterali. In condizioni fisiologiche, parte di questi legami laterali ha cariche di segno meno, conferendo, in tal modo, una carica negativa a ciascun gruppo fosforico. Come ben sapete, le cariche dello stesso segno si respingono e i gruppi fosforici dell’ATP non fanno eccezione a questa legge. Viene così a crearsi, in questa parte della molecola (in rosa), una forte repulsione legata alla volontà di ciascun gruppo di scappare via dall’altro. Ora, immaginate l’energia accumulata da una molla mentre la tenete compressa su di un tavolo; bene, non appena la rilascerete, la molla avrà modo di saltare, liberando così tutta l’energia immagazzinata per mezzo della vostra pressione. I legami che tengono assieme i gruppi fosforici dell’ATP si comportano proprio come la molla dell’esempio: si caricano dell’energia associata alla repulsione elettrostatica degli ossigeni dei gruppi fosforici, che cercano, in ogni modo, di allontanarsi da quelli contigui perché di carica uguale. Tuttavia, queste forze di repulsione non bastano a rompere i legami, e l’energia ad essi associata può essere liberata solo grazie all’intervento dell’enzima adenosin trifosfatasi (ATPasi). Poiché la rottura dei legami dell’ATP prevede l’impiego di una molecola d’acqua, la reazione catalizzata dall’ATPasi prende il nome di idrolisi. L’energia prodotta dall’idrolisi dell’ATP è massima per la rottura dei suoi due legami più esterni, quelli anidridici, e minima per quello interno o estere. La scissione del legame andridico libera il gruppo fosfato più esterno e genera all’incirca 7,3 kcal per ogni mole di ATP degradata, più del doppio di quella fornita dalla rottura del legame estere. In questo caso, l’ATP dona il suo gruppo fosforico degradandosi ad ADP (adenosin difosfato), una molecola contenete solo due gruppi fosforici anziché i tre iniziali:
L’energia liberata dall’idrolisi dell’ATP non viene però rilasciata a vuoto e a caso, bensì trasferita puntualmente e direttamente ad altre molecole che la richiedono.
Per esempio, immaginate di stare in palestra, mentre siete impegnati a terminare un set di curl con manubri. Durante ogni singola ripetizione, nei bicipiti, la rottura del legame che unisce l’ultimo gruppo fosforico all’ATP serve a mettere in moto due speciali proteine: l’actina e la miosina. Queste proteine motrici, tipiche del muscolo, riescono così a combinarsi e a scorrere l’una sull’altra determinando l’accorciamento, e quindi la flessione delle braccia.
La nota interessante è che né l’actina e né la miosina sono contrattili se prese separatamente. Però, quando un impulso elettrico dal cervello investe una porzione di muscolo, l’energia fornita dall’idrolisi dell’ATP spinge la miosina ad attaccarsi all’actina, permettendo, infine, lo scorrimento delle due proteine. Ma non è tutto, perché l’ATP serve a consentire anche il distacco dell’actina e della miosina, nonché il loro successivo ricongiungimento in un altro punto più avanzato del filamento. E’ questo un caso di reazioni accoppiate, ovvero di due reazioni che avvengono nello stesso istante, dove la prima fornisce energia alla seconda che la richiede e la utilizza.
L’energia liberata dall’idrolisi dell’ATP non viene però rilasciata a vuoto e a caso, bensì trasferita puntualmente e direttamente ad altre molecole che la richiedono.
Per esempio, immaginate di stare in palestra, mentre siete impegnati a terminare un set di curl con manubri. Durante ogni singola ripetizione, nei bicipiti, la rottura del legame che unisce l’ultimo gruppo fosforico all’ATP serve a mettere in moto due speciali proteine: l’actina e la miosina. Queste proteine motrici, tipiche del muscolo, riescono così a combinarsi e a scorrere l’una sull’altra determinando l’accorciamento, e quindi la flessione delle braccia.
La nota interessante è che né l’actina e né la miosina sono contrattili se prese separatamente. Però, quando un impulso elettrico dal cervello investe una porzione di muscolo, l’energia fornita dall’idrolisi dell’ATP spinge la miosina ad attaccarsi all’actina, permettendo, infine, lo scorrimento delle due proteine. Ma non è tutto, perché l’ATP serve a consentire anche il distacco dell’actina e della miosina, nonché il loro successivo ricongiungimento in un altro punto più avanzato del filamento. E’ questo un caso di reazioni accoppiate, ovvero di due reazioni che avvengono nello stesso istante, dove la prima fornisce energia alla seconda che la richiede e la utilizza.
La contrazione muscolare richiede energia in maniera continua e l’ATP ne rappresenta la fonte più diretta. Tuttavia, l’ATP presente nell’organismo è poco, appena 80-100 g. Sarebbe a dire che un esercizio massimale completo ne prosciugherebbe la disponibilità nel giro di pochissimi secondi, 2 o 4 al massimo. Fortunatamente però, la limitazione legata alla sua scarsa disponibilità viene superata attraverso una sintesi incessante di ATP, il quale viene rigenerato aggiungendo nuovamente un gruppo fosfato alla molecola di ADP; tuttavia questo richiede energia, proprio come se dovessimo ricomprimere nuovamente la molla. È il catabolismo dei nutrienti a fornire l’energia chimica necessaria alla rigenerazione dell’ATP dall’ADP, un passaggio fondamentale affinché il muscolo possa funzionare per più di qualche secondo. I legami che tengono uniti assieme gli atomi dei nutrienti contengono poca energia e come tali non sarebbero capaci di soddisfare le richieste metaboliche cellulari. Questi legami devono essere quindi spezzati e tradotti in legami a più alta energia, che sono appunto i legami anidride dell’ultimo e del secondo gruppo fosfato dell’ATP.
L’ATP non è solo contrazione muscolare, bensì lavoro biologico a 360°. Infatti, l’energia fornita dall’ATP serve anche a riparare le strutture danneggiate con l’allenamento, e delle stesse a promuoverne la crescita. È il caso sella sintesi proteica, dove l’ATP alimenta il lavoro chimico necessario ad unire gli aminoacidi gli uni agli altri (Di quante proteine hai bisogno?). Non meno importante è il ruolo dell’ATP nel consentire la concentrazione di sostanze nell’organismo: il “trasporto attivo”, la forma più tranquilla di lavoro biologico, utilizza incessantemente i depositi di energia disponibili per alimentare lo scambio di composti attraverso le membrane semipermeabili.
Le tecniche ed i consigli riportati in questo blog esprimono solo le esperienze dell’Autore e quelle di altri studi ed hanno perciò uno scopo puramente informativo. È sconsigliato l’utilizzo di una qualsiasi di queste metodiche senza aver prima consultato il parere del proprio medico.
Copyright © Pasquale Di Gioia. La riproduzione non autorizzata di questo articolo è espressamente vietata.
Nessun commento:
Posta un commento