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martedì 29 aprile 2014

L'HIIT, un workout casalingo a corpo libero


Allenarsi a casa è possibile, così come è possibile farlo senza attrezzature specifiche. Ma attenzione, perché saltare la palestra non significa poltrire nella comodità del vostro sofà o, almeno, non qui, non con questo workout di esercizi a corpo libero davvero impegnativi.

Scorrendo la scheda, vi accorgerete presto che ad ogni esercizio “tosto” ne segue uno un po’ meno impegnativo. Questo perché qui avete a che fare con l’HIIT (High Intensity Interval Training), un allenamento che alterna periodi brevi ad alta intensità di lavoro con periodi di recupero attivi in cui si svolgono esercizi blandi.

Ogni esercizio corrisponde ad una stazione e tutte le stazioni messe assieme ad un circuito che “tocca tutti i muscoli del corpo (full-body), nessuno escluso.

Quello che dovete fare é completare il circuito senza pause, per cui eseguire in successione ciascuna stazione, dalla n. 1 alla n. 12. Dopodiché fermatevi e prendi fiato per un istante (recupero). Non lesinate su questo, quindi, riposate per almeno 1 minuto o giù di lì. A quel punto ripartite. Fermatevi! Ripartite!

Andate avanti così per 3 o 4 volte, per un totale di circa 20 minuti.

Allenatevi un giorno sì e uno no - o, almeno, è quello che vi consiglio di fare, cioè 3 allenamenti settimanali.

INOLTRE:

ü Riscaldatevi con un po’ di corsa sul posto e con lo stretching prima di iniziare
ü Sforzatevi di rispettare il numero delle ripetizioni riportate  per ciascun esercizio.

üFate sempre stretching quando finite di allenarvi.

mercoledì 8 gennaio 2014

Ciò che devi sapere sull'aerobica (seconda parte)

Avrà pure un che di ironico ma è così, lo abbiamo visto: l’aerobica di gruppo funziona meglio per chi è già magro di suo e allenato, piuttosto che per chi vuole diventarlo, specie se si tratta di donne in sovrappeso (vai al post). E sono tre le risposte che possono essere date alla domanda del perché ciò accada. 
La prima è legata al grado di allenamento, il quale fa sì che più settimane di attività si hanno alle spalle, tanto più alte sono le chance di smaltire i depositi di grasso anche per sforzi di intensità maggiore. E sai benissimo che i sedentari non possono vantare neanche un giorno di allenamento. 
La seconda s’allaccia alla corpulenza e alla minore massa muscolare che di solito caratterizzano le persone in sovrappeso, le quali si trovano così costrette a spostare un peso maggiore con una muscolatura in degrado. Un po’ lo sforzo che fa la macchina pesante di carrozzeria e piccola di cilindrata, per capirci. 
In fine, come terza spiegazione, c’è la biochimica del corpo, che si svela pigra e macchinosa allorché si tratti di eliminare lo strato di grasso stratificato sui muscoli. Il tempo stimato affinché questo avvenga è attorno ai 20-30 minuti a partire dall’esercizio; infatti, la rimozione dei grassi dalle zone di accumulo (fianchi, cosce o addome), il successivo trasporto nel sangue, l’ingresso nelle cellule (muscolari) e poi nei mitocondri sono processi piuttosto lenti (1).

Ma allora, a cosa dobbiamo il mantra “l’attività aerobica fa dimagrire”? Perlopiù ad un problema di linguaggio, figlio di un’errata trasposizione del significato dagli articoli scientifici alla vita di tutti i giorni.  Perché, se è vero che i ricercatori sostengono l’efficacia dell’allenamento aerobico nella lotta alla riduzione del grasso, è altresì vero che per arrivare a farlo, adottano, nei loro studi, ferree regole di indagine, specie per quanto riguarda il monitoraggio dell’intensità e del tipo di allenamento delle loro “cavie”. 

La scelta dell’intensità
VO2 sta per flusso di ossigeno, ovvero per quantità di
ossigeno consumata dall'organismo ogni minuto. VO2max
esprime, invece, il volume massimo di ossigeno che un essere
umano può consumare, sempre in un minuto. 

La foto riporta  un test da sforzo su tapis roulant che 
permette di "fotografare" lo stato di forma, misurando 
direttamente il massimo consumo di ossigeno 
(VO2 max), misura resa  possibile grazie all'ausilio 
di un metabolimetro per l'analisi degli
scambi gassosi (VO2 e VCO2). La % della VO2max diviene,
pertanto, un termine comodo per indicare l'entità dello
sforzo, relativamente al soggetto.
Innanzitutto, viene valutata la barriera di sopportazione della fatica fisica di ciascun partecipante attraverso un allenamento preliminare, eseguito, in genere, sul tapis roulant; si tratta di un test, effettuato sotto controllo medico, dal quale i ricercatori ricavano i dati relativi al massimo consumo di ossigeno (VO2max) e alla frequenza cardiaca massima (FCmax), due parametri biologici tra loro collegati. Dopodiché viene formulato un piano personalizzato di allenamento che consente ad ogni soggetto di lavorare molto al di sotto della sua VO2max (al 65-80%), ovvero ad un’intensità che tiene il più possibile ai margini la produzione e l’accumulo dell’acido lattico e permette la maggiore stimolazione del metabolismo dei grassi. 

Il tipo di esercizio
L’altro problema dei ricercatori è quello di appianare le divergenze relative alle abilità motorie dei partecipanti. L’obiettivo, in questo caso, consiste nel trovare un’attività che sia facile e piacevole per tutti, ed è chiaro, allora, che la preferenza non può ricadere su una delle discipline aerobiche di gruppo. Esattamente perché esse si caratterizzano quasi tutte per l’elevata componente tecnica, che è indubbiamente uno scoglio per chi non vanta una mappa di abilità motorie ampia e diversificata. D’altronde, se certe abilità non sono già presenti all’inizio dello studio, si può fare ben poco per svilupparle in breve tempo e si rischierebbe per questo di dover mettere un ulteriore sbarramento alla partecipazione di chi è stato già faticosamente reclutato. Ecco, allora, che si finisce presto per scegliere gli attrezzi da cardiofitness, i quali, essendo caratterizzati da traiettorie obbligate, non richiedono particolare coordinazione neuromuscolare e facilitano l'esecuzione dell'allenamento anche al più inesperto.

Un esempio
Lo studio pubblicato sulla rivista Journal of Applied Physiology, dal titolo “Effetti dell’allenamento aerobico e/o di resistenza sulla massa corporea e sulla massa grassa di adulti in sovrappeso o obesi”, chiarisce bene quanto detto sinora. Gli autori di questa ricerca hanno voluto confrontare gli effetti sul peso e sul grasso di due forme di esercizio notoriamente agli antipodi, quello aerobico e quello anaerobico, nonché una combinazione dei due. Per farlo hanno reclutato 119 adulti sedentari in sovrappeso o leggermente obesi (indice di massa corporea 25-35 kg/m2) e gli hanno divisi in tre gruppi, assegnando poi ciascuno di essi ad uno dei tre diversi programmi di allenamento: quello aerobico (gruppo AT, aerobic training), quello anaerobico (RT, resistance training) e quello misto aerobico-anaerobico (AT-RT aerobic/anaerobic training).
Al gruppo AT e AT-RT era riservato un lavoro di tre settimane da svolgere sul tapis roulant, l’ellittica o la cyclette. Inoltre, tutte le sedute di aerobica sono state monitorate mediante il cardiofrequenzimetro, un ausilio elettronico capace di determinare la frequenza cardiaca in tempo reale, e, con questo, che non si sfori la giusta intensità di allenamento (quella prestabilita).
Alla fine ne è emerso, al di là del tipo di allenamento di resistenza svolto dal gruppo RT e da quello AR-RT, che l’attività aerobica (AT) è di per sé sufficiente a ridurre in maniera sostanziale il peso e il grasso in persone sedentarie e sovrappeso (2). 

In conclusione
Quando bisogna compiere una scelta sul tipo di attività da praticare, quella dell'aerobica dà maggiori garanzie in termini di riduzione di peso e di grasso rispetto ad altre forme di esercizio. Fatta questa considerazione, bisogna comunque valutare certi aspetti. Eccone alcuni:

- la maggior parte dei programmi di ginnastica aerobica   “commerciale” non hanno caratteristiche metaboliche note ed è facile che i partecipanti tendano ad esercitarsi ad un livello d’intensità tendenzialmente alto e comunque non adatto a smaltire il grasso (3);

- durante le lezioni di gruppo non c’è modo di monitorare l’impegno fisico attraverso gli ausili elettronici (cardiofrequenzimetro), gli stessi ausili che permettono un allenamento mirato a chi si esercita sulle macchine cardiofitness (3);

- l’intensità delle lezioni nell’aerobica di gruppo varia in relazione all’entusiasmo che ci mette l’istruttore e ai suoi gusti in tema di coreografia, due variabili che si riversano sui partecipanti e sull’impegno che devono metterci nell’allenamento (4);

- si formano gruppi per niente omogenei, che includono la ragazza snella e in forma come anche la signora corpulenta e attempata. Va da sé che l'impatto cardiovascolare e metabolico non potrà che differire nell'uno o nell'altro caso (3).

Insomma, se l'esercizio aerobico scelto non ricalca le caratteristiche di quello adoperato negli studi che ne hanno confermano l'efficacia, come quello qui riportato, difficilmente darà frutti simili. Per cui, se è vero che l'attività aerobica fa miracoli quando si tratta di perdere peso e ridurre i depositi di grasso, è chiaro che ciò avviene solo se l'intensità è specifica in riferimento all'obiettivo dell'allenamento. Nel lavoro dimagrante, che è finalizzato a bruciare i grassi come fonte di energia, si rapporta ad una frequenza cardiaca situata in una fascia compresa tra il 60 e il 75 per  di quella massima. Al di sotto o al di sopra di questi valori, l'efficacia dell'allenamento è comunque presente, ma con effetti biologici che vanno in tutt'altra direzione (Figura sotto).



Se non ti è possibile accedere al test prima citato, ma hai comunque il privilegio di allenarti con il cardiofrequenzimetro, sappi che lo sforzo massimo, in termini di battiti al minuto (bpm), è pari a 220 sottratta la cifra dell'età, un valore che corrisponde alla velocità massima teorica che il cuore può raggiungere (frequenza cardiaca massima teorica, FCmax T). Per esempio, a 20 anni, il massimo sarà intorno a 200; a 35 scende a 185. A 45, il massimo è di circa 175 e il 60-75 per cento del valore di allenamento a cui si deve puntare è di 105-131 battiti al minuto.

Bibliografia


1. Nasti G., Muscariello E., Colantuoni A. 2010. Fabbisogno energetico ed esercizio muscolare. In: ADI Magazine, 4: 363-365.

2. Willis L. H., Slentz C. A., Bateman L. A., Shields A. T., Piner L. W.,  Bales C. W., Houmard J. A. and Kraus W. E. 2012. Effects of aerobic and/or resistance training on body mass and fat mass in overweight or obese adults. Journal of Applied Physiology December 15, vol. 113 no. 12 1831-1837.

3. Tubili C., Perrone F., Altieri N., Lombardi M., Fragrante C. 2010. Attività fisica nell’obeso: prescrizione e monitoraggio. In: ADI Magazine, 4: 366-373.

4. Porcari J. 2012. ZUMBA®: Is the “fitness-party” a good workout? Journal of Sports Science and Medicine 11, 357-358.

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Copyright © Pasquale Di Gioia. La riproduzione non autorizzata di questo articolo è espressamente vietata.

sabato 28 dicembre 2013

Ciò che devi sapere sull'aerobica (prima parte)

di Pasquale Di Gioia

Immagina di stare nel vivo di una lezione di aerobica a corpo libero: la tua fronte che gronda sudore, il respiro affannoso, il battito accelerato, il sangue che corre veloce nei vasi sanguigni per fornire una migliore alimentazione ai muscoli. Tutto questo mentre ti abbandoni alle note di un “pezzo” grintoso che ti fa venir voglia di ballare, saltare e gridare sempre di più. Sei in gran forma e non hai nessun problema a seguire l'insegnante e il gruppo, perché, probabilmente, ti sei dedicata così tanto all’allenamento che il tuo cuore, i tuoi polmoni, il tuo sangue e i tuoi muscoli sono in grado di funzionare nel pieno della loro efficienza (condizionamento cardiovascolare), consentendoti, quindi, di sopportare al meglio gli sforzi che gli stai chiedendo. In pratica, col tempo, sei diventata una tosta, una tipa che può lavorare a lungo senza fermarsi e produrre molta energia prima che gli si formi l’acido lattico, cioè prima della comparsa della fatica, del bruciore e dei crampi. 

Ma che dire, invece, della tua amica che è venuta in palestra solo perché gliel’hai chiesto fino allo sfinimento? Non è allenata, ha sei anni più di te e, per di più, è in sovrappeso. Eppure, alla fine, si è decisa a seguirti, poiché ha sentito dire che l’attività che le hai proposto fa parte di quelle aerobiche, e cioè di quelle attività note a tutti per la loro capacità di far stare bene e di far dimagrire. 

Allora succede che, mentre vi allenate, comincia a cambiare colore, a diventare di un bordeaux che così non l’avevi mai vista prima - e pensa che neppure si era truccata prima di venire in palestra. È affannata, ha una sudorazione intensa e tutto sembra fuorché divertirsi; tant’è che decide di gettare la spugna nel bel mezzo della lezione.

Com’è possibile che ciò avvenga? È molto semplice. Gli effetti che una lezione di aerobica suscita (carico interno), sono differenti da persona a persona, nonostante la traccia musicale e la sequenza dei passi (carico esterno) siano le stesse per tutti (stesso protocollo di studio). E la forbice si allarga tanto più sono marcate le differenze tra i partecipanti alla lezione, fino al punto che per gli obesi l’esercizio tende a raggiungere un’intensità superiore alla soglia di lavoro anaerobico (concentrazione ematica di acido lattico >4 mmol/L), specie se questi sono sedentari e di sesso femminile (1).


Una lezione di aerobica è tanto più impegnativa quanto più i partecipanti sono  sedentari e in sovrappeso. Infatti, i dati relativi alla concentrazione di lattato dimostrano che per gli obesi sedentari l'esercizio fisico può raggiungere un'intensità superiore alla soglia anaerobica, e quindi una situazione in cui prevale utilizzo degli zuccheri anziché dei grassi..

In arancione il punto d’intensità in cui avviene  l’aumento della produzione di lattato rispetto ai valori basali è definito soglia aerobica (2 mmol/L). In rosso il punto d’intensità in cui si ha la massima concentrazione di lattato, tale che possa essere ancora smaltito dal sangue (situazione di equilibrio tra produzione e rimozione) definito soglia anaerobica. L'area compresa tra il punto arancione e quello rosso rappresenta la zona di intensità ottimale per l'allenamento finalizzato al dimagrimento. 
Infatti, benché se ne dica, l'attività aerobica di gruppo, sia essa di ginnastica semplice oppure una tra le tante attività musicali proposte nei centri fitness, non è efficace allo stesso modo per tutti, in quanto non si cura delle differenza di sesso, di età, di corporatura e grado di allenamento di ogni singolo partecipante - insomma, un po' la tomba dell'allenamento personalizzato. Così, mentre per alcuni rappresenta la maniera giusta per riappacificarsi con lo specchio e migliorare la salute, per altri è troppo impegnativa e incide poco o nulla sulla riduzione del peso e dei depositi di grasso. 

COS'È L’AEROBICA
Substrati consumati durante esercizi di varia intensità.
In verde chiaro il glucosio plasmatico, in azzurro i triacilgliceroli
 muscolari;  in rosa gli acidi grassi assunti dal plasma,
 in arancione il glicogeno muscolare.
L’equivoco sull'aerobica e sulla sua capacità di far dimagrire nasce quasi sicuramente dal fatto che come genere di esercizio impone l’apporto di ossigeno, un aspetto di per sé sempre collegato al metabolismo dei grassi. Ma è ora di mangiare la foglia su questo, perché se da un lato è vero che c'entra l'ossigeno, dall'altro è giusto svelare che grazie ad esso il corpo riesce a bruciare pure il glucosio, ovvero l’altra fonte di energia sempre fruibile per il lavoro dei muscoli. E più l'esercizio spinge il corpo a lavorare vicino al valore massimo di assorbimento di ossigeno (VO2max, massimo consumo di ossigeno), che è collegato all'aumento del ritmo cardiaco (FC, Frequenza Cardiaca), e più probabilità ci sono che sarà proprio il glucosio ad essere sacrificato per sostenere gli sforzi (2). Il bruciore muscolare e i battiti del cuore accelerati durante le fasi di maggiore enfasi di un allenamento lo dimostrano nella maniera più inequivocabile.

La produzione aerobica dell'energia
La respirazione cellulare ha luogo nei mitocondri; 
in questa reazione si ossidano i composti del carbonio 
producendo diossido di carbonio e acqua e 
contemporaneamente si genera energia (ATP).
Gli ioni idrogeno (H+) vengono pompati dalla matrice 
verso lo spazio tra le due membrane mitocondriali, 
e si ha perciò l'aumento della loro concentrazione 
in questa sede (evento non riportato nella figura). Per il fenomeno
 della "chemiosmosi",  questi ritornano verso la matrice
 passando attraverso speciali canali proteici, detti ATP-sintetasi;
 tale corrente di ioni mette a 
disposizione energia per la sintesi di ATP.
L’ATP è un composto chimico che può cedere 
energia e viene quindi utilizzato dalla cellula come
 "gettone energetico" in tutte le reazioni cellulari.
C’è un posto esclusivo nelle cellule del nostro copro, e le fibre muscolari fanno parte di questa categoria, dove l’ossigeno (O2) s’incontra con gli elettroni (e-) strappati via ai frammenti degli zuccheri, degli acidi grassi e, in parte, anche a quelli degli aminoacidi per generare l'ATP, il combustibile chimico che alimenta gran parte dei processi vitali. Questo posto corrisponde alla membrana interna dei mitocondri (immagine al lato), un caratteristico secondo strato di rivestimento che, a differenza del primo, quello esterno, è ripiegato su se stesso per diverse volte in maniera da formare degli avvallamenti detti creste. A livello delle creste, grazie ad una serie di passaggi successivi, l’O2 respirato con i polmoni, e trasportato dal sangue, viene qui al flusso di elettroni e si trasforma in acqua (H2O), liberando, allo stesso tempo, una grande quantità di energia, energia impiegata per ricaricare l'ATP a partire dall'ADP e dal fosfato inorganico (Pi) (3). 

Oltre a consumare l'O2 nella maniera descritta, c'è pure che il mitocondrio libera il biossido di carbonio (CO2), un prodotto di rifiuto ottenuto perlopiù a seguito della degradazione delle molecole di acetil-CoA, ovvero, la forma comune assunta dai diversi nutrienti ad un certo punto del metabolismo energetico. Quest'ultimo, a differenza di quello descritto in apertura, è un evento che ha luogo nella matrice, il comparto interno del mitocondrio ricco degli enzimi necessari a dirigere ciascun passaggio del ciclo di Krebs (3).

Il quoziente respiratorio (QR)
Come si evince dalla tabella, il QR  differisce a seconda dei 
diversi substrati energetici ossidati. Qui sono stati 
riportati i valori di soli due substrati: gli zuccheri (glucosio) e 
i grassi (acidi grassi). Ciò non toglie che durante
 l'attività fisica possa essere utilizzato anche un terzo 
substrato, ovvero le proteine (aminoacidi). Tuttavia, in questo caso,
 è nescessario conoscere oltre all'ossigeno consumato e 
al diossido di carbonio prodotto anche l'azoto urinario, 
che rappresenta il prodotto finale dell'ossidazione proteica.
Scopriamo allora che le cellule, grazie ai mitocondri, si trovano a maneggiare gli stessi gas contenuti nell'aria che attraversa i polmoni ad ogni respiro, e, quindi, ad operare una vera e propria respirazione, quella cellulare per l'appunto. Abbiamo così che da un lato il sistema respiratorio preleva per conto delle cellule l'O2 dall'ambiente, mentre dall'altro provvede a disfarsi, sempre per conto delle cellule, del CO2 da esse prodotto. Sebbene quest'aspetto non fa notizia, in quanto è noto a tutti che una boccata d’aria fresca contiene più O2 e meno CO2 di quella espirata, non è altrettanto risaputo che in quest'ultima le concentrazioni dei due gas si modificano in base al tipo di nutriente impiegato per produrre energia. Tale particolarità è legata alle differenze che passano tra gli zuccheri, i grassi e le proteine, differenze chimiche che decidono qual è la razione di O2 da impegnare per trasformare ciascuno di essi in acqua e ATP, nonché l’entità del carico di CO2 che i polmoni devono espellere dal corpo. Pertanto, dall’analisi delle variazioni di  CO2 e O2 nei gas respiratori, e, in particolare,  dal risultato del loro rapporto (Quoziente Respiratorio, QR), si ha modo di scoprire il valore del contributo percentuale di ciascun nutriente al metabolismo energetico: il QR (CO2/O2) può assumere un valore variabile ma comunque sempre compreso tra un minimo di 0,70, quando gli acidi grassi contribuiscono per il 100% e i glucidi per lo 0%,  ad un massimo di 1,00 nel caso opposto (4).

Il QR delle “discipline” aerobiche
La calorimetria indiretta consente di misurare il
consumo di ossigeno e la produzione di diossido di carbonio e, 
attualmente, rappresenta il gold standard 
delle tecniche di misurazione del dispendio energetico a
riposo e nelle singole attività, più o meno complesse.
L'immagine riporta il K4b2 , un sistema portatile di analisi 
dei gas espirati. Questa apparecchiatura offre 
il minimo  ingombro, tanto da poter essere trasportata
come uno zaino e, data l’esiguità  del peso (~925 grammi), 
non  contribuisce ad elevare il costo energetico dell’attività
in esame. Le misurazioni del QR riportate nel testo sono state
ottenute con l'impiego di questa tecnologia.
Grazie al QR alcuni ricercatori sono riusciti a togliersi il cruccio e chiarire una volta per tutte qual è il nutriente maggiormente utilizzato per sostenere gli sforzi durante un’ora di attività aerobica (1). Per farlo hanno raccolto e analizzato il respiro degli allievi di una classe di step, l'attività di gruppo considerata la più "aerobica" tra tutte quelle praticate nei centri fitness. I risultati dell'indagine hanno innanzitutto dimostrato che il tempo effettivo di lavoro della tradizionale "oretta" di attività non è di 60 minuti pieni, bensì di appena 43 minuti per gli uomini e 37 per le donne; a patto però che questi siano già ben allenati, perché, nel caso contrario, ovvero nei sedentari, scende addirittura a 37 e 34 minuti, rispettivamente per gli uomini e per le donne (1). 
Ma il dato più significativo resta comunque quello legato al QR, in quanto è emerso che per il 66% (negli uomini) e per il 72% (nelle donne) dei casi, l’energia utilizzata durante l’ora di aerobica derivava quasi esclusivamente dal glucosio. Per di più, la stessa lezione di aerobica si è rivelata essere maggiormente impegnativa per i partecipanti sedentari in sovrappeso, i quali, durante l'allenamento, hanno fatto registrare valori medi di QR indicativi di prevalente impegno degli zuccheri e battiti cardiaci pressoché sempre elevati (1).

Bibliografia


1. Tubili C., Perrone F., Altieri N., Lombardi M., Fragrante C. 2010. Attività fisica nell’obeso: prescrizione e monitoraggio. In: ADI Magazine, 4: 366-373.

2. Arienti G., Fiorilli A. 2007. Metabolismo dei grassi durante l’esercizio. In: Biochimica dell’attività motoria. 1a  ed. Padova: Piccin. 159-161 pp.

3. AA.VV (Alberts). 2005. Mitocondri e cloroplasti come generatori di energia. In: L'essenziale di biologia molecolare. 1a  ed. Bologna: Zanichelli. 443-454 pp.

4. Mc Ardle W. D., Katch F. I., Katch V. L. 2001. Misura dell'energia: alimenti e attività fisica. In: Alimentazione nello sport. 1a  ed. Milano: Ambrosiana. 175-177 pp.


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domenica 27 ottobre 2013

L'allenamento senza impegno: la tonificazione (seconda parte)

pubblicato da Pasquale Di Gioia

LEGGI : L'allenamento senza impegno: la tonificazione (prima parte)


C’è consenso nel ritenere che oltre al sonno, è l’esercizio fisico lo stimolo fisiologico più potente per avviare la secrezione di GH (1). Ma, se su questo tutti concordano ad una voce, restano ancora sfuggenti gli esatti meccanismi e le possibili molecole che li legano l’un l’altro. Tra i possibili candidati svetta su tutti l'acido lattico prodotto dai muscoli e riversato nel sangue, un probabile collegamento tra il sistema energetico e il rilascio del GH che fa seguito all’allenamento (2). 

Il sistema delle 12-8 ripetizioni
Il sistema culturistico delle 12-8 ripetizioni é in grado di fissare la soglia dell'intensità di allenamento ad un livello tale da provocare una forte stimolazione della scissione anaerobica degli zuccheri: condizione che si realizza solo quando i muscoli vengono esercitati con un peso inferiore a quello utilizzato per l'alzata massimale (1MR) e per periodi di lavoro superiori ai 10 secondi (4). 

Ma si potrebbe allora obiettare che un numero di ripetizioni per serie ancora più alto, come ad esempio le 15 o 20 o 30 tipiche della tonificazione, sarebbe in grado di stimolare maggiormente la produzione di acido lattico, e quindi l'aumento di GH che gli è affine. Il fatto, però, è che un numero elevato di ripetizioni costringe ad utilizzare pesi eccessivamente leggeri e, comunque, non adatti a stimolare a fondo il potenziale muscolare esistente. In sintesi, viene meno la capacità di coinvolgere tutte le singole fibre (quelle rosse e quelle pallide) che compongono il muscolo; in sintesi, viene meno l’altro ingrediente che porta a beneficiare dell’aumento del GH che fa seguito all’allenamento con i pesi:  una tensione muscolare sufficientemente elevata. 
Nel culturismo, quest’ultima, la si raggiunge per gradi, ripetizione dopo ripetizione e con pesi medio-alti (65-80%). Non c’è quindi lo stress improvviso tipico degli sforzi al limite, bensì il progressivo affaticamento della muscolatura ad ogni ripetizione, un affaticamento crescente che chiama al lavoro sempre più fibre muscolari, di modo che, verso la fine della serie, nessuna di esse è lasciata in “pausa”. In questa maniera, quando l’esercizio viene interrotto, nelle contrazioni del muscolo sono state chiamate in gioco tutte le fibre possibili, quasi fino all’ultima; e quasi fino all’ultima, ciascuna di esse, risponde agli stimoli accelerando il processo di sintesi proteica che lo stesso GH contribuisce a supportare.

Cosa succede
Il muscolo che si contrae produce forza, la forza necessaria a spostare l’attrezzo dalla fase iniziale a quella finale del movimento. Dopo ciascuna ripetizione, i meccanismi energetici delle fibre muscolari coinvolte per prime vanno via via esaurendosi, tant’è che il peso si fa sentire sempre di più e la velocità con la quale lo si riesce a sollevare diventa sempre meno controllabile, fino al momento in cui non è più possibile dettare il ritmo di esecuzione e siamo perciò costretti a rallentare. Questo avviene perché le fibre inizialmente chiamate al lavoro si affaticano con l'andare avanti della serie, di modo che la prosecuzione dell’esercizio è perlopiù affidata alla capacità di reclutarne sempre di nuove, fibre più fresche e più forti che fino a quel momento il muscolo aveva provveduto a tenere rigorosamente a riposo e che, invece, vengono anch’esse chiamate tutto d’un tratto ad accollarsi parte del carico. Reclutare sempre più fibre è indubbiamente un compito che richiede tempo, per cui più secondi per eseguire ogni nuova ripetizione. Si tratta, in pratica, di supportare il lento aumento delle richieste di forza man mano che il carico sul muscolo si fa più pesante, un'attivazione a tappe delle fibre che rispetta il livello d'intensità crescente che il progredire della serie impone. Nello specifico, vengono coinvolte dapprima le fibre rosse, quelle programmate per lavorare con gli sforzi leggeri delle prime ripetizioni, poi quelle pallide intermedie (IIa) e successivamente le pallide pure (IIb), le sole capaci di far fronte alle impegnative richieste di forza delle ultime ripetizioni perché più potenti delle altre. D'altronde, però, se è vero che queste ultime sono meglio predisposte a lavorare con maggior carico, è altrettanto vero che si affaticano più facilmente: la massiccia produzione di acido lattico, evento connaturato alle proprietà metaboliche delle fibre di tipo IIb, fa diminuire rapidamente il pH all'interno del muscolo, e condiziona in negativo i processi biochimici di produzione dell'energia a partire dal glucosio (in assenza di ossigeno) (5). Il bruciore e la sofferenza delle ultime ripetizioni ne rappresentano il sintomo inequivocabile, un chiaro invito ad interrompere la serie per via dell'imminente blackout energetico. L'acido lattico, così prodotto, si accumula man mano e comincia a lasciare il muscolo per raggiungere il liquido interstiziale, e quindi il sangue, e a stimolare la secrezione di GH. 



Un protocollo di allenamento che stimola solo il bruciore muscolare non è adatto a promuovere i benefici dell'incremento di GH che gli fa seguito. Una tensione muscolare adeguata a coinvolgere quante più fibre possibili rappresenta l'altro fattore di successo di un programma di dimagrimento e costruzione muscolare.. 
Il GH stimola (+) direttamente la liberazione dei grassi (acidi grassi) contenuti nelle cellule adipose del corpo, nonché il loro utilizzo come fonte di energia (3). Sull'accrescimento muscolare, invece, gli effetti del GH non sono del tutto diretti, bensì mediati dalla produzione di una sostanza secreta dal fegato: l'IGF-1. L'IGF-1 (fattore di crescita simile all'insulina 1) escreto dal fegato in seguito a stimolazione con l'ormone ipofisario (GH), possiede molte delle attività  promotrici della crescita simili a quelle dell'insulina, e in quanto tale giustifica gran parte degli effetti anabolizzanti che il GH esercita sul muscolo. L'effetto complessivo del GH è comunque quello di sostenere l'accumulo di massa corporea magra (3,4).

Ma non è tutto, perché c’è un modo per affaticare ancora più a fondo i muscoli e aumentare ulteriormente i livelli di GH in risposta all’allenamento, e consiste nel trovare il coraggio di andare al di là delle ultime ripetizioni, proseguire cioè anche quando dolore e disagio si fanno insistenti e la testa e i muscoli dicono no.


Le ripetizioni forzate
Verso la fine della serie, con i sistemi energetici ormai in crisi, l'esecuzione dell'esercizio rallenta e diventa sempre più difficile eseguire per intero il movimento; sopraggiunge quindi un'evidente impossibilità di continuare da soli, il cosiddetto cedimento. Tuttavia, questo limite non coincide con il massimo affaticamento, perché, sebbene i muscoli non hanno più la forza di sollevare (contrazione concentrica o fase suerante) completamente il peso, conservano ancora l'energia per trattenerlo (contrazione isometrica) o frenarlo nella fase di discesa (contrazione eccentrica).
Si fa allora prezioso l'intervento di un compagno che aiuta a tirar su il carico quando a stento si riesce a completare l'ultima ripetizione possibile, lasciando poi a chi si sta allenando la fatica di frenarne la discesa. Questa è quella che si chiama ripetizione forzata, cioè una maniera per arrivare al numero impostato di ripetizioni costringendo i muscoli a continuare a produrre forza, anche quando sono sull'orlo del cedimento totale. Il valore di queste ripetizioni "extra" sta nella capacità di far aumentare i livelli di GH nei 30 minuti seguenti l'allenamento in maniera maggiore rispetto ad una serie completata senza il loro utilizzo (1). 

Come e quando applicare le ripetizioni forzate
Concludere ogni volta con il compagno che ci toglie il bilanciere di dosso sarebbe troppo e, per certi versi, scomodo da mettere in pratica. Infatti, le ripetizioni forzate non rappresentano la regola delle serie, bensì l'eccezione dell'ultima. Occorre allora affaticare sì la muscolatura ad ogni serie, ma arrivare al cedimento completo e proseguire oltre - grazie ad un aiuto esterno - solo nell'ultima delle tre che comunemente si fanno per ogni esercizio. Si tratta quindi di procede per gradi dal leggero al pesante, riducendo metodicamente il numero delle ripetizioni in affinità all'aumento dei chili sollevati, i quali vengono aggiunti all'attrezzo alla fine di ogni serie. 

Indicazioni pratiche
Si eseguono 12 ripetizioni nella prima serie con un carico ridotto, ci si riposa per uno o due minuti, si mette altro peso e si fanno ancora 10 ripetizioni in assoluta autonomia. Procedendo in questo modo si abbatte il rischio dell'infortunio, perché ci si avvicina al rigore dell'ultima serie con gradualità, cioè quando le articolazioni, i legamenti e i muscoli sono predisposti al meglio per affrontare gli sforzi più intensi, e questo vale soprattutto se si tratta del primo esercizio della scheda. Dell'ultima serie, in genere la terza, bisogna essere in grado di completare da soli, e perciò senza sbavature nell'esecuzione del movimento, almeno 6 o 7 delle 8 ripetizioni previste, proseguendo solo poi con quelle aiutati da un compagno. 

Il valore delle forzate
Le forzate sono efficaci nella misura in cui l'assistente ha l'esperienza per capire esattamente quanto aiuto dare, un aiuto che non deve essere né troppo e né troppo poco, bensì sufficiente a sostenere l'attrezzo mentre viene portato nuovamente nella parte alta del movimento. 
Il numero delle ripetizioni forzate da eseguire è in relazione alla capacità di abbassare lentamente l'attrezzo, un periodo che deve essere di circa 4 secondi. Discostarsi da tale valore potrebbe indicare solo due cose: si è giunti al totale sfinimento (<4 sec.), oppure che il carico utilizzato non era adatto alla terza serie e perciò insufficiente per innescare la risposta ormonale desiderata (>4 sec.).

Se è una scheda che stai cercando potrebbe essere la seguente:



Bibliografia:

1. Godfrey R.J., Madgwick  Z., Whyte G.P. The Exercise-induced Growth Hormone Response in Athletes (Abstract). Sports  Med.  2003; 33(8):599-613.


2. Godfrey R.J., Whyte G.P., Buckley J., Quinlivan R. The Role of Lactate in the Exercise-induced Human Growth Hormone Response: evidence from McArdle disease (Abstract). Br. J. Sports Med. 2009 Jul; 43 (7):521-5.


3. Arienti G. Le Basi Molecolari della Nutrizione Umana. Integrazione Metabolica di Glicidi, Lipidi e Proteine. Casa Editrice Piccin, Padva. 2003 pp. 387.

4. Rhoades R., Pflanzer R. Fisiologia Generale e Umana. Gli ormoni ipofisari. 2004. Casa editrice Piccin, Padova. pp 446-448.

5. Arienti G., Fiorilli A., Biochimica dell'Attività Motoria. Tipologia delle Fibre Muscolari in Allenamento. 2007. Casa editrice Piccin, Padova. pp. 86-89.

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martedì 15 ottobre 2013

L'allenamento senza impegno: la tonificazione (Prima parte)

pubblicato da Pasquale Di Gioia

Quando le persone chiedono di voler "tonificare", stanno esprimendo in realtà il desiderio di migliorare il proprio aspetto. In sostanza, aspirano a perdere il grasso e a modellare un po' i muscoli, ma non così tanto da finire per rassomigliare ad un culturista - come se ciò fosse possibile. E sai in che modo credono di realizzare questo progetto a dir poco ambizioso? Naturalmente facendo un’infinità di ripetizioni con pesi infinitamente leggeri. Ma quello che probabilmente non sanno è che questa idea di tonificare i muscoli si trova quasi in cima alla lista dei miti e delle leggende che ancora circolano sull’allenamento, una sorta di diceria seconda solo a quella del dimagrimento localizzato.

Il tono
La realtà è che la parola “tono” definisce semplicemente la contrazione parziale che i muscoli conservano quando sono a riposo, una sorta di stato di vigilanza che serve a farli scattare non appena il cervello glielo ordina. Inoltre, si tratta di una condizione del tutto involontaria, refrattaria dunque a qualsiasi tentativo di controllo, specie se questo si risolve col sollevare piccoli pesi per 20 o 30 volte di seguito, tirare elastici o scalciare come i cavalli fino a diventare blu in viso. 

Tonificazione: l'allenamento senza impegno
Ho come l'impressione che la "tonificazione" sia un termine creato ad hoc per indorare la pillola dell'allenamento con i pesi per gente poco disposta ad impegnarsi sul serio quando è in palestra. È chiaro, allora, che in questi casi tira di più l'idea di protrarre all'infinito una serie con un carico che si riesce a sollevare senza battere ciglio, piuttosto che il pensiero di dover assumere una mimica facciale esasperata mentre si tenta di eseguire l'ultima di un range di 8-12 ripetizioni. La soddisfazione per essersi allenati sarà comunque presente in entrambi i casi, ma è pur vero che solo il secondo metodo, quello più intensivo dei due, garantirà risultati in termini di modellamento del corpo. 

Aneddoti da palestra

"Se vuoi migliorare il tuo corpo per davvero, devi sforzarti di aumentare il carico ogni volta che puoi e tirare le serie fino a quando non sei più capace di eseguire un'altra ripetizione da solo. Bene, una volta raggiunto questo limite, fatti aiutare da un compagno per portare a termine almeno altre due ripetizioni".

Tutto esattamente in contrasto con quanto ti dicono da sempre i puristi dell’aerobica a proposito di allenamento e tonificazione, ma devi sapere che questi sono gli stessi consigli che circolano negli ambienti in cui l’allenamento con i pesi è praticato per davvero, e che per davvero fa ridurre il grasso e modellare i muscoli. Infatti, non devi assolutamente sprecare il tuo tempo in palestra cercando di bruciare quante più calorie possibili con ripetizioni molto elevate, sperando magari di ottenere una riduzione proprio dell’adiposità adiacente al muscolo che stai esercitando, bensì darci dentro pesante per sfruttare la capacità che gli esercizi con i pesi hanno di influenzare la risposta di ormoni durante e dopo l’allenamento. 
Gli ormoni sono messaggeri chimici che ghiandole e cellule specializzate producono per controllare il funzionamento degli organi e dei tessuti situati in ogni parte del corpo. Una volta scaricate nella corrente sanguigna, queste sostanze dirigono miriadi di attività e influenzano pressoché tutto ciò che nell’organismo succede. Muovi un dito? Sono gli ormoni che hanno garantito ai muscoli la presenza di zuccheri da trasformare in energia per il movimento. Stai per molto tempo senza mangiare? Ci pensano gli ormoni a procurarsi il sostentamento da non far mai mancare ai tessuti più importanti del corpo, come il cervello per esempio. 
Ebbene, non si sa come ma i culturisti sanno da sempre come esaltare la risposta ormonale più proficua per eliminare l’adipe dal sottocute e costruire il muscolo, e la scienza oggi gliene dà merito (1;2). È stato dimostrato, infatti, che un allenamento intenso riesce ad esaltare in maniera del tutto naturale la produzione ormonale di ghiandole e tessuti, in particolare del GH (ormone della crescita) che aumenta in affinità ad una maggiore formazione di acido lattico e, quindi, ad una più forte sollecitazione del sistema anaerobico lattacido (2).

Il GH
È l'ormone rilasciato dalla porzione anteriore dell'ipofisi, una ghiandola grande quanto un nocciolo di ciliegia situata alla base del cervello, incastonata in una cavità ossea chiamata "sella turcica". La liberazione del GH avviene su comando dell'ipotalamo che invia all'ipofisi, cui è connesso da una sottile striscia di tessuto, segnali ormonali (3). L'ipofisi, così stimolata, secerne il GH che una volta in circolo promuove un ottimo ambiente per il modellamento del corpo, in quanto capace di aumentare il ritmo di smaltimento del grasso e, al contempo, accelerare l’accrescimento del tessuto muscolare. L'effetto complessivo di questo ormone è quindi quello di promuovere un aumento di massa corporea magra (3). 

L'acido lattico e la produzione anaerobica di energia dal glucosio 
Grossomodo, si tratta del bruciore che avverti quando sottoponi i tuoi muscoli ad un ritmo troppo rapido di lavoro, una condizione di affaticamento eccessivo dovuto alla produzione e all'accumulo di acido lattico, un sottoprodotto del metabolismo del glucosio che dapprima "inceppa" il lavoro delle fibre muscolari e poi si concentra nel sangue. A monte di tutto, la necessità del muscolo di ricaricare l'ATP per sostenere sforzi non al limite e in tempi tali che non consentono di indugiare nell'intervento dell'ossigeno; è in queste condizioni che il metabolismo si affretta a rompere a metà il glucosio, anche a patto di ricavare solo parte di tutta l'energia che esso può fornire (3).


GH-Acido Lattico: cosa dice la scienza

Il lattato è ciò che dell'acido lattico resta dopo che quest'ultimo ha perso il protone (H+). Di seguito verranno utilizzati come sinonimi.


La conferma della relazione esistente tra il sistema energetico degli zuccheri e i livelli di GH arriva da una ricerca che ha valutato la concentrazione ematica di questo ormone a seguito di un allenamento sul tapis roulant in 11 persone affette dalla malattia di McArdle (4), una patologia su base ereditaria che rende incapace chi ne soffre di utilizzare i depositi di glicogeno muscolare per il metabolismo dell’omonimo tessuto. Ne consegue l'incapacità di produrre acido lattico e l'impossibilità che questo si accumuli nel sangue durante l'attività muscolare intensa; un aspetto, quest'ultimo, che ha permesso ai ricercatori di chiarire il ruolo del lattato nella risposta ormonale suscitata dall'esercizio fisico.   
Quello che ne è emerso è la prova incontrovertibile che una relazione tra i livelli di lattato e quelli di GH c'è per davvero, e nove degli undici soggetti valutati lo hanno dimostrato mantenendo pressoché ai livelli di riposo sia la concentrazione di lattato (0,3 - 1,2 mmol/l) che quella di GH (>3 microg/l) anche dopo la prova di corsa (4). 

Bibliografia

1. Jeremy C., Fransen M.S. and Kravitz L. An exercise professional’s Guide to acute hormonal Changes from Resistance exercise. ACSM’s HEALTH & FITNESS JOURNAL 2011 VOL. 15/ NO. 6

2. Willardson J. M., Norton L., Wilson G. Training to Failure and Beyond in Mainstream Resistance Exercise Programs. Strength and Conditioning Journal 2010 June; 32(3): 21-29.

3. Rhoades R., Pflanzer R. Fisiologia Generale e Umana. Gli ormoni ipofisari. 2004. Casa editrice Piccin, Padova. pp 444-446.


4. Godfrey R.J., Whyte G.P., Buckley J., Quinlivan R. The Role of Lactate in the Exercise-induced Human Growth Hormone Response: evidence from McArdle disease (Abstract). Br. J. Sports Med. 2009 Jul; 43 (7) : 521-5.

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