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sabato 28 dicembre 2013

Ciò che devi sapere sull'aerobica (prima parte)

di Pasquale Di Gioia

Immagina di stare nel vivo di una lezione di aerobica a corpo libero: la tua fronte che gronda sudore, il respiro affannoso, il battito accelerato, il sangue che corre veloce nei vasi sanguigni per fornire una migliore alimentazione ai muscoli. Tutto questo mentre ti abbandoni alle note di un “pezzo” grintoso che ti fa venir voglia di ballare, saltare e gridare sempre di più. Sei in gran forma e non hai nessun problema a seguire l'insegnante e il gruppo, perché, probabilmente, ti sei dedicata così tanto all’allenamento che il tuo cuore, i tuoi polmoni, il tuo sangue e i tuoi muscoli sono in grado di funzionare nel pieno della loro efficienza (condizionamento cardiovascolare), consentendoti, quindi, di sopportare al meglio gli sforzi che gli stai chiedendo. In pratica, col tempo, sei diventata una tosta, una tipa che può lavorare a lungo senza fermarsi e produrre molta energia prima che gli si formi l’acido lattico, cioè prima della comparsa della fatica, del bruciore e dei crampi. 

Ma che dire, invece, della tua amica che è venuta in palestra solo perché gliel’hai chiesto fino allo sfinimento? Non è allenata, ha sei anni più di te e, per di più, è in sovrappeso. Eppure, alla fine, si è decisa a seguirti, poiché ha sentito dire che l’attività che le hai proposto fa parte di quelle aerobiche, e cioè di quelle attività note a tutti per la loro capacità di far stare bene e di far dimagrire. 

Allora succede che, mentre vi allenate, comincia a cambiare colore, a diventare di un bordeaux che così non l’avevi mai vista prima - e pensa che neppure si era truccata prima di venire in palestra. È affannata, ha una sudorazione intensa e tutto sembra fuorché divertirsi; tant’è che decide di gettare la spugna nel bel mezzo della lezione.

Com’è possibile che ciò avvenga? È molto semplice. Gli effetti che una lezione di aerobica suscita (carico interno), sono differenti da persona a persona, nonostante la traccia musicale e la sequenza dei passi (carico esterno) siano le stesse per tutti (stesso protocollo di studio). E la forbice si allarga tanto più sono marcate le differenze tra i partecipanti alla lezione, fino al punto che per gli obesi l’esercizio tende a raggiungere un’intensità superiore alla soglia di lavoro anaerobico (concentrazione ematica di acido lattico >4 mmol/L), specie se questi sono sedentari e di sesso femminile (1).


Una lezione di aerobica è tanto più impegnativa quanto più i partecipanti sono  sedentari e in sovrappeso. Infatti, i dati relativi alla concentrazione di lattato dimostrano che per gli obesi sedentari l'esercizio fisico può raggiungere un'intensità superiore alla soglia anaerobica, e quindi una situazione in cui prevale utilizzo degli zuccheri anziché dei grassi..

In arancione il punto d’intensità in cui avviene  l’aumento della produzione di lattato rispetto ai valori basali è definito soglia aerobica (2 mmol/L). In rosso il punto d’intensità in cui si ha la massima concentrazione di lattato, tale che possa essere ancora smaltito dal sangue (situazione di equilibrio tra produzione e rimozione) definito soglia anaerobica. L'area compresa tra il punto arancione e quello rosso rappresenta la zona di intensità ottimale per l'allenamento finalizzato al dimagrimento. 
Infatti, benché se ne dica, l'attività aerobica di gruppo, sia essa di ginnastica semplice oppure una tra le tante attività musicali proposte nei centri fitness, non è efficace allo stesso modo per tutti, in quanto non si cura delle differenza di sesso, di età, di corporatura e grado di allenamento di ogni singolo partecipante - insomma, un po' la tomba dell'allenamento personalizzato. Così, mentre per alcuni rappresenta la maniera giusta per riappacificarsi con lo specchio e migliorare la salute, per altri è troppo impegnativa e incide poco o nulla sulla riduzione del peso e dei depositi di grasso. 

COS'È L’AEROBICA
Substrati consumati durante esercizi di varia intensità.
In verde chiaro il glucosio plasmatico, in azzurro i triacilgliceroli
 muscolari;  in rosa gli acidi grassi assunti dal plasma,
 in arancione il glicogeno muscolare.
L’equivoco sull'aerobica e sulla sua capacità di far dimagrire nasce quasi sicuramente dal fatto che come genere di esercizio impone l’apporto di ossigeno, un aspetto di per sé sempre collegato al metabolismo dei grassi. Ma è ora di mangiare la foglia su questo, perché se da un lato è vero che c'entra l'ossigeno, dall'altro è giusto svelare che grazie ad esso il corpo riesce a bruciare pure il glucosio, ovvero l’altra fonte di energia sempre fruibile per il lavoro dei muscoli. E più l'esercizio spinge il corpo a lavorare vicino al valore massimo di assorbimento di ossigeno (VO2max, massimo consumo di ossigeno), che è collegato all'aumento del ritmo cardiaco (FC, Frequenza Cardiaca), e più probabilità ci sono che sarà proprio il glucosio ad essere sacrificato per sostenere gli sforzi (2). Il bruciore muscolare e i battiti del cuore accelerati durante le fasi di maggiore enfasi di un allenamento lo dimostrano nella maniera più inequivocabile.

La produzione aerobica dell'energia
La respirazione cellulare ha luogo nei mitocondri; 
in questa reazione si ossidano i composti del carbonio 
producendo diossido di carbonio e acqua e 
contemporaneamente si genera energia (ATP).
Gli ioni idrogeno (H+) vengono pompati dalla matrice 
verso lo spazio tra le due membrane mitocondriali, 
e si ha perciò l'aumento della loro concentrazione 
in questa sede (evento non riportato nella figura). Per il fenomeno
 della "chemiosmosi",  questi ritornano verso la matrice
 passando attraverso speciali canali proteici, detti ATP-sintetasi;
 tale corrente di ioni mette a 
disposizione energia per la sintesi di ATP.
L’ATP è un composto chimico che può cedere 
energia e viene quindi utilizzato dalla cellula come
 "gettone energetico" in tutte le reazioni cellulari.
C’è un posto esclusivo nelle cellule del nostro copro, e le fibre muscolari fanno parte di questa categoria, dove l’ossigeno (O2) s’incontra con gli elettroni (e-) strappati via ai frammenti degli zuccheri, degli acidi grassi e, in parte, anche a quelli degli aminoacidi per generare l'ATP, il combustibile chimico che alimenta gran parte dei processi vitali. Questo posto corrisponde alla membrana interna dei mitocondri (immagine al lato), un caratteristico secondo strato di rivestimento che, a differenza del primo, quello esterno, è ripiegato su se stesso per diverse volte in maniera da formare degli avvallamenti detti creste. A livello delle creste, grazie ad una serie di passaggi successivi, l’O2 respirato con i polmoni, e trasportato dal sangue, viene qui al flusso di elettroni e si trasforma in acqua (H2O), liberando, allo stesso tempo, una grande quantità di energia, energia impiegata per ricaricare l'ATP a partire dall'ADP e dal fosfato inorganico (Pi) (3). 

Oltre a consumare l'O2 nella maniera descritta, c'è pure che il mitocondrio libera il biossido di carbonio (CO2), un prodotto di rifiuto ottenuto perlopiù a seguito della degradazione delle molecole di acetil-CoA, ovvero, la forma comune assunta dai diversi nutrienti ad un certo punto del metabolismo energetico. Quest'ultimo, a differenza di quello descritto in apertura, è un evento che ha luogo nella matrice, il comparto interno del mitocondrio ricco degli enzimi necessari a dirigere ciascun passaggio del ciclo di Krebs (3).

Il quoziente respiratorio (QR)
Come si evince dalla tabella, il QR  differisce a seconda dei 
diversi substrati energetici ossidati. Qui sono stati 
riportati i valori di soli due substrati: gli zuccheri (glucosio) e 
i grassi (acidi grassi). Ciò non toglie che durante
 l'attività fisica possa essere utilizzato anche un terzo 
substrato, ovvero le proteine (aminoacidi). Tuttavia, in questo caso,
 è nescessario conoscere oltre all'ossigeno consumato e 
al diossido di carbonio prodotto anche l'azoto urinario, 
che rappresenta il prodotto finale dell'ossidazione proteica.
Scopriamo allora che le cellule, grazie ai mitocondri, si trovano a maneggiare gli stessi gas contenuti nell'aria che attraversa i polmoni ad ogni respiro, e, quindi, ad operare una vera e propria respirazione, quella cellulare per l'appunto. Abbiamo così che da un lato il sistema respiratorio preleva per conto delle cellule l'O2 dall'ambiente, mentre dall'altro provvede a disfarsi, sempre per conto delle cellule, del CO2 da esse prodotto. Sebbene quest'aspetto non fa notizia, in quanto è noto a tutti che una boccata d’aria fresca contiene più O2 e meno CO2 di quella espirata, non è altrettanto risaputo che in quest'ultima le concentrazioni dei due gas si modificano in base al tipo di nutriente impiegato per produrre energia. Tale particolarità è legata alle differenze che passano tra gli zuccheri, i grassi e le proteine, differenze chimiche che decidono qual è la razione di O2 da impegnare per trasformare ciascuno di essi in acqua e ATP, nonché l’entità del carico di CO2 che i polmoni devono espellere dal corpo. Pertanto, dall’analisi delle variazioni di  CO2 e O2 nei gas respiratori, e, in particolare,  dal risultato del loro rapporto (Quoziente Respiratorio, QR), si ha modo di scoprire il valore del contributo percentuale di ciascun nutriente al metabolismo energetico: il QR (CO2/O2) può assumere un valore variabile ma comunque sempre compreso tra un minimo di 0,70, quando gli acidi grassi contribuiscono per il 100% e i glucidi per lo 0%,  ad un massimo di 1,00 nel caso opposto (4).

Il QR delle “discipline” aerobiche
La calorimetria indiretta consente di misurare il
consumo di ossigeno e la produzione di diossido di carbonio e, 
attualmente, rappresenta il gold standard 
delle tecniche di misurazione del dispendio energetico a
riposo e nelle singole attività, più o meno complesse.
L'immagine riporta il K4b2 , un sistema portatile di analisi 
dei gas espirati. Questa apparecchiatura offre 
il minimo  ingombro, tanto da poter essere trasportata
come uno zaino e, data l’esiguità  del peso (~925 grammi), 
non  contribuisce ad elevare il costo energetico dell’attività
in esame. Le misurazioni del QR riportate nel testo sono state
ottenute con l'impiego di questa tecnologia.
Grazie al QR alcuni ricercatori sono riusciti a togliersi il cruccio e chiarire una volta per tutte qual è il nutriente maggiormente utilizzato per sostenere gli sforzi durante un’ora di attività aerobica (1). Per farlo hanno raccolto e analizzato il respiro degli allievi di una classe di step, l'attività di gruppo considerata la più "aerobica" tra tutte quelle praticate nei centri fitness. I risultati dell'indagine hanno innanzitutto dimostrato che il tempo effettivo di lavoro della tradizionale "oretta" di attività non è di 60 minuti pieni, bensì di appena 43 minuti per gli uomini e 37 per le donne; a patto però che questi siano già ben allenati, perché, nel caso contrario, ovvero nei sedentari, scende addirittura a 37 e 34 minuti, rispettivamente per gli uomini e per le donne (1). 
Ma il dato più significativo resta comunque quello legato al QR, in quanto è emerso che per il 66% (negli uomini) e per il 72% (nelle donne) dei casi, l’energia utilizzata durante l’ora di aerobica derivava quasi esclusivamente dal glucosio. Per di più, la stessa lezione di aerobica si è rivelata essere maggiormente impegnativa per i partecipanti sedentari in sovrappeso, i quali, durante l'allenamento, hanno fatto registrare valori medi di QR indicativi di prevalente impegno degli zuccheri e battiti cardiaci pressoché sempre elevati (1).

Bibliografia


1. Tubili C., Perrone F., Altieri N., Lombardi M., Fragrante C. 2010. Attività fisica nell’obeso: prescrizione e monitoraggio. In: ADI Magazine, 4: 366-373.

2. Arienti G., Fiorilli A. 2007. Metabolismo dei grassi durante l’esercizio. In: Biochimica dell’attività motoria. 1a  ed. Padova: Piccin. 159-161 pp.

3. AA.VV (Alberts). 2005. Mitocondri e cloroplasti come generatori di energia. In: L'essenziale di biologia molecolare. 1a  ed. Bologna: Zanichelli. 443-454 pp.

4. Mc Ardle W. D., Katch F. I., Katch V. L. 2001. Misura dell'energia: alimenti e attività fisica. In: Alimentazione nello sport. 1a  ed. Milano: Ambrosiana. 175-177 pp.


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