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domenica 27 ottobre 2013

L'allenamento senza impegno: la tonificazione (seconda parte)

pubblicato da Pasquale Di Gioia

LEGGI : L'allenamento senza impegno: la tonificazione (prima parte)


C’è consenso nel ritenere che oltre al sonno, è l’esercizio fisico lo stimolo fisiologico più potente per avviare la secrezione di GH (1). Ma, se su questo tutti concordano ad una voce, restano ancora sfuggenti gli esatti meccanismi e le possibili molecole che li legano l’un l’altro. Tra i possibili candidati svetta su tutti l'acido lattico prodotto dai muscoli e riversato nel sangue, un probabile collegamento tra il sistema energetico e il rilascio del GH che fa seguito all’allenamento (2). 

Il sistema delle 12-8 ripetizioni
Il sistema culturistico delle 12-8 ripetizioni é in grado di fissare la soglia dell'intensità di allenamento ad un livello tale da provocare una forte stimolazione della scissione anaerobica degli zuccheri: condizione che si realizza solo quando i muscoli vengono esercitati con un peso inferiore a quello utilizzato per l'alzata massimale (1MR) e per periodi di lavoro superiori ai 10 secondi (4). 

Ma si potrebbe allora obiettare che un numero di ripetizioni per serie ancora più alto, come ad esempio le 15 o 20 o 30 tipiche della tonificazione, sarebbe in grado di stimolare maggiormente la produzione di acido lattico, e quindi l'aumento di GH che gli è affine. Il fatto, però, è che un numero elevato di ripetizioni costringe ad utilizzare pesi eccessivamente leggeri e, comunque, non adatti a stimolare a fondo il potenziale muscolare esistente. In sintesi, viene meno la capacità di coinvolgere tutte le singole fibre (quelle rosse e quelle pallide) che compongono il muscolo; in sintesi, viene meno l’altro ingrediente che porta a beneficiare dell’aumento del GH che fa seguito all’allenamento con i pesi:  una tensione muscolare sufficientemente elevata. 
Nel culturismo, quest’ultima, la si raggiunge per gradi, ripetizione dopo ripetizione e con pesi medio-alti (65-80%). Non c’è quindi lo stress improvviso tipico degli sforzi al limite, bensì il progressivo affaticamento della muscolatura ad ogni ripetizione, un affaticamento crescente che chiama al lavoro sempre più fibre muscolari, di modo che, verso la fine della serie, nessuna di esse è lasciata in “pausa”. In questa maniera, quando l’esercizio viene interrotto, nelle contrazioni del muscolo sono state chiamate in gioco tutte le fibre possibili, quasi fino all’ultima; e quasi fino all’ultima, ciascuna di esse, risponde agli stimoli accelerando il processo di sintesi proteica che lo stesso GH contribuisce a supportare.

Cosa succede
Il muscolo che si contrae produce forza, la forza necessaria a spostare l’attrezzo dalla fase iniziale a quella finale del movimento. Dopo ciascuna ripetizione, i meccanismi energetici delle fibre muscolari coinvolte per prime vanno via via esaurendosi, tant’è che il peso si fa sentire sempre di più e la velocità con la quale lo si riesce a sollevare diventa sempre meno controllabile, fino al momento in cui non è più possibile dettare il ritmo di esecuzione e siamo perciò costretti a rallentare. Questo avviene perché le fibre inizialmente chiamate al lavoro si affaticano con l'andare avanti della serie, di modo che la prosecuzione dell’esercizio è perlopiù affidata alla capacità di reclutarne sempre di nuove, fibre più fresche e più forti che fino a quel momento il muscolo aveva provveduto a tenere rigorosamente a riposo e che, invece, vengono anch’esse chiamate tutto d’un tratto ad accollarsi parte del carico. Reclutare sempre più fibre è indubbiamente un compito che richiede tempo, per cui più secondi per eseguire ogni nuova ripetizione. Si tratta, in pratica, di supportare il lento aumento delle richieste di forza man mano che il carico sul muscolo si fa più pesante, un'attivazione a tappe delle fibre che rispetta il livello d'intensità crescente che il progredire della serie impone. Nello specifico, vengono coinvolte dapprima le fibre rosse, quelle programmate per lavorare con gli sforzi leggeri delle prime ripetizioni, poi quelle pallide intermedie (IIa) e successivamente le pallide pure (IIb), le sole capaci di far fronte alle impegnative richieste di forza delle ultime ripetizioni perché più potenti delle altre. D'altronde, però, se è vero che queste ultime sono meglio predisposte a lavorare con maggior carico, è altrettanto vero che si affaticano più facilmente: la massiccia produzione di acido lattico, evento connaturato alle proprietà metaboliche delle fibre di tipo IIb, fa diminuire rapidamente il pH all'interno del muscolo, e condiziona in negativo i processi biochimici di produzione dell'energia a partire dal glucosio (in assenza di ossigeno) (5). Il bruciore e la sofferenza delle ultime ripetizioni ne rappresentano il sintomo inequivocabile, un chiaro invito ad interrompere la serie per via dell'imminente blackout energetico. L'acido lattico, così prodotto, si accumula man mano e comincia a lasciare il muscolo per raggiungere il liquido interstiziale, e quindi il sangue, e a stimolare la secrezione di GH. 



Un protocollo di allenamento che stimola solo il bruciore muscolare non è adatto a promuovere i benefici dell'incremento di GH che gli fa seguito. Una tensione muscolare adeguata a coinvolgere quante più fibre possibili rappresenta l'altro fattore di successo di un programma di dimagrimento e costruzione muscolare.. 
Il GH stimola (+) direttamente la liberazione dei grassi (acidi grassi) contenuti nelle cellule adipose del corpo, nonché il loro utilizzo come fonte di energia (3). Sull'accrescimento muscolare, invece, gli effetti del GH non sono del tutto diretti, bensì mediati dalla produzione di una sostanza secreta dal fegato: l'IGF-1. L'IGF-1 (fattore di crescita simile all'insulina 1) escreto dal fegato in seguito a stimolazione con l'ormone ipofisario (GH), possiede molte delle attività  promotrici della crescita simili a quelle dell'insulina, e in quanto tale giustifica gran parte degli effetti anabolizzanti che il GH esercita sul muscolo. L'effetto complessivo del GH è comunque quello di sostenere l'accumulo di massa corporea magra (3,4).

Ma non è tutto, perché c’è un modo per affaticare ancora più a fondo i muscoli e aumentare ulteriormente i livelli di GH in risposta all’allenamento, e consiste nel trovare il coraggio di andare al di là delle ultime ripetizioni, proseguire cioè anche quando dolore e disagio si fanno insistenti e la testa e i muscoli dicono no.


Le ripetizioni forzate
Verso la fine della serie, con i sistemi energetici ormai in crisi, l'esecuzione dell'esercizio rallenta e diventa sempre più difficile eseguire per intero il movimento; sopraggiunge quindi un'evidente impossibilità di continuare da soli, il cosiddetto cedimento. Tuttavia, questo limite non coincide con il massimo affaticamento, perché, sebbene i muscoli non hanno più la forza di sollevare (contrazione concentrica o fase suerante) completamente il peso, conservano ancora l'energia per trattenerlo (contrazione isometrica) o frenarlo nella fase di discesa (contrazione eccentrica).
Si fa allora prezioso l'intervento di un compagno che aiuta a tirar su il carico quando a stento si riesce a completare l'ultima ripetizione possibile, lasciando poi a chi si sta allenando la fatica di frenarne la discesa. Questa è quella che si chiama ripetizione forzata, cioè una maniera per arrivare al numero impostato di ripetizioni costringendo i muscoli a continuare a produrre forza, anche quando sono sull'orlo del cedimento totale. Il valore di queste ripetizioni "extra" sta nella capacità di far aumentare i livelli di GH nei 30 minuti seguenti l'allenamento in maniera maggiore rispetto ad una serie completata senza il loro utilizzo (1). 

Come e quando applicare le ripetizioni forzate
Concludere ogni volta con il compagno che ci toglie il bilanciere di dosso sarebbe troppo e, per certi versi, scomodo da mettere in pratica. Infatti, le ripetizioni forzate non rappresentano la regola delle serie, bensì l'eccezione dell'ultima. Occorre allora affaticare sì la muscolatura ad ogni serie, ma arrivare al cedimento completo e proseguire oltre - grazie ad un aiuto esterno - solo nell'ultima delle tre che comunemente si fanno per ogni esercizio. Si tratta quindi di procede per gradi dal leggero al pesante, riducendo metodicamente il numero delle ripetizioni in affinità all'aumento dei chili sollevati, i quali vengono aggiunti all'attrezzo alla fine di ogni serie. 

Indicazioni pratiche
Si eseguono 12 ripetizioni nella prima serie con un carico ridotto, ci si riposa per uno o due minuti, si mette altro peso e si fanno ancora 10 ripetizioni in assoluta autonomia. Procedendo in questo modo si abbatte il rischio dell'infortunio, perché ci si avvicina al rigore dell'ultima serie con gradualità, cioè quando le articolazioni, i legamenti e i muscoli sono predisposti al meglio per affrontare gli sforzi più intensi, e questo vale soprattutto se si tratta del primo esercizio della scheda. Dell'ultima serie, in genere la terza, bisogna essere in grado di completare da soli, e perciò senza sbavature nell'esecuzione del movimento, almeno 6 o 7 delle 8 ripetizioni previste, proseguendo solo poi con quelle aiutati da un compagno. 

Il valore delle forzate
Le forzate sono efficaci nella misura in cui l'assistente ha l'esperienza per capire esattamente quanto aiuto dare, un aiuto che non deve essere né troppo e né troppo poco, bensì sufficiente a sostenere l'attrezzo mentre viene portato nuovamente nella parte alta del movimento. 
Il numero delle ripetizioni forzate da eseguire è in relazione alla capacità di abbassare lentamente l'attrezzo, un periodo che deve essere di circa 4 secondi. Discostarsi da tale valore potrebbe indicare solo due cose: si è giunti al totale sfinimento (<4 sec.), oppure che il carico utilizzato non era adatto alla terza serie e perciò insufficiente per innescare la risposta ormonale desiderata (>4 sec.).

Se è una scheda che stai cercando potrebbe essere la seguente:



Bibliografia:

1. Godfrey R.J., Madgwick  Z., Whyte G.P. The Exercise-induced Growth Hormone Response in Athletes (Abstract). Sports  Med.  2003; 33(8):599-613.


2. Godfrey R.J., Whyte G.P., Buckley J., Quinlivan R. The Role of Lactate in the Exercise-induced Human Growth Hormone Response: evidence from McArdle disease (Abstract). Br. J. Sports Med. 2009 Jul; 43 (7):521-5.


3. Arienti G. Le Basi Molecolari della Nutrizione Umana. Integrazione Metabolica di Glicidi, Lipidi e Proteine. Casa Editrice Piccin, Padva. 2003 pp. 387.

4. Rhoades R., Pflanzer R. Fisiologia Generale e Umana. Gli ormoni ipofisari. 2004. Casa editrice Piccin, Padova. pp 446-448.

5. Arienti G., Fiorilli A., Biochimica dell'Attività Motoria. Tipologia delle Fibre Muscolari in Allenamento. 2007. Casa editrice Piccin, Padova. pp. 86-89.

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Copyright © Pasquale Di Gioia. La riproduzione non autorizzata di questo articolo è espressamente vietata.

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martedì 15 ottobre 2013

L'allenamento senza impegno: la tonificazione (Prima parte)

pubblicato da Pasquale Di Gioia

Quando le persone chiedono di voler "tonificare", stanno esprimendo in realtà il desiderio di migliorare il proprio aspetto. In sostanza, aspirano a perdere il grasso e a modellare un po' i muscoli, ma non così tanto da finire per rassomigliare ad un culturista - come se ciò fosse possibile. E sai in che modo credono di realizzare questo progetto a dir poco ambizioso? Naturalmente facendo un’infinità di ripetizioni con pesi infinitamente leggeri. Ma quello che probabilmente non sanno è che questa idea di tonificare i muscoli si trova quasi in cima alla lista dei miti e delle leggende che ancora circolano sull’allenamento, una sorta di diceria seconda solo a quella del dimagrimento localizzato.

Il tono
La realtà è che la parola “tono” definisce semplicemente la contrazione parziale che i muscoli conservano quando sono a riposo, una sorta di stato di vigilanza che serve a farli scattare non appena il cervello glielo ordina. Inoltre, si tratta di una condizione del tutto involontaria, refrattaria dunque a qualsiasi tentativo di controllo, specie se questo si risolve col sollevare piccoli pesi per 20 o 30 volte di seguito, tirare elastici o scalciare come i cavalli fino a diventare blu in viso. 

Tonificazione: l'allenamento senza impegno
Ho come l'impressione che la "tonificazione" sia un termine creato ad hoc per indorare la pillola dell'allenamento con i pesi per gente poco disposta ad impegnarsi sul serio quando è in palestra. È chiaro, allora, che in questi casi tira di più l'idea di protrarre all'infinito una serie con un carico che si riesce a sollevare senza battere ciglio, piuttosto che il pensiero di dover assumere una mimica facciale esasperata mentre si tenta di eseguire l'ultima di un range di 8-12 ripetizioni. La soddisfazione per essersi allenati sarà comunque presente in entrambi i casi, ma è pur vero che solo il secondo metodo, quello più intensivo dei due, garantirà risultati in termini di modellamento del corpo. 

Aneddoti da palestra

"Se vuoi migliorare il tuo corpo per davvero, devi sforzarti di aumentare il carico ogni volta che puoi e tirare le serie fino a quando non sei più capace di eseguire un'altra ripetizione da solo. Bene, una volta raggiunto questo limite, fatti aiutare da un compagno per portare a termine almeno altre due ripetizioni".

Tutto esattamente in contrasto con quanto ti dicono da sempre i puristi dell’aerobica a proposito di allenamento e tonificazione, ma devi sapere che questi sono gli stessi consigli che circolano negli ambienti in cui l’allenamento con i pesi è praticato per davvero, e che per davvero fa ridurre il grasso e modellare i muscoli. Infatti, non devi assolutamente sprecare il tuo tempo in palestra cercando di bruciare quante più calorie possibili con ripetizioni molto elevate, sperando magari di ottenere una riduzione proprio dell’adiposità adiacente al muscolo che stai esercitando, bensì darci dentro pesante per sfruttare la capacità che gli esercizi con i pesi hanno di influenzare la risposta di ormoni durante e dopo l’allenamento. 
Gli ormoni sono messaggeri chimici che ghiandole e cellule specializzate producono per controllare il funzionamento degli organi e dei tessuti situati in ogni parte del corpo. Una volta scaricate nella corrente sanguigna, queste sostanze dirigono miriadi di attività e influenzano pressoché tutto ciò che nell’organismo succede. Muovi un dito? Sono gli ormoni che hanno garantito ai muscoli la presenza di zuccheri da trasformare in energia per il movimento. Stai per molto tempo senza mangiare? Ci pensano gli ormoni a procurarsi il sostentamento da non far mai mancare ai tessuti più importanti del corpo, come il cervello per esempio. 
Ebbene, non si sa come ma i culturisti sanno da sempre come esaltare la risposta ormonale più proficua per eliminare l’adipe dal sottocute e costruire il muscolo, e la scienza oggi gliene dà merito (1;2). È stato dimostrato, infatti, che un allenamento intenso riesce ad esaltare in maniera del tutto naturale la produzione ormonale di ghiandole e tessuti, in particolare del GH (ormone della crescita) che aumenta in affinità ad una maggiore formazione di acido lattico e, quindi, ad una più forte sollecitazione del sistema anaerobico lattacido (2).

Il GH
È l'ormone rilasciato dalla porzione anteriore dell'ipofisi, una ghiandola grande quanto un nocciolo di ciliegia situata alla base del cervello, incastonata in una cavità ossea chiamata "sella turcica". La liberazione del GH avviene su comando dell'ipotalamo che invia all'ipofisi, cui è connesso da una sottile striscia di tessuto, segnali ormonali (3). L'ipofisi, così stimolata, secerne il GH che una volta in circolo promuove un ottimo ambiente per il modellamento del corpo, in quanto capace di aumentare il ritmo di smaltimento del grasso e, al contempo, accelerare l’accrescimento del tessuto muscolare. L'effetto complessivo di questo ormone è quindi quello di promuovere un aumento di massa corporea magra (3). 

L'acido lattico e la produzione anaerobica di energia dal glucosio 
Grossomodo, si tratta del bruciore che avverti quando sottoponi i tuoi muscoli ad un ritmo troppo rapido di lavoro, una condizione di affaticamento eccessivo dovuto alla produzione e all'accumulo di acido lattico, un sottoprodotto del metabolismo del glucosio che dapprima "inceppa" il lavoro delle fibre muscolari e poi si concentra nel sangue. A monte di tutto, la necessità del muscolo di ricaricare l'ATP per sostenere sforzi non al limite e in tempi tali che non consentono di indugiare nell'intervento dell'ossigeno; è in queste condizioni che il metabolismo si affretta a rompere a metà il glucosio, anche a patto di ricavare solo parte di tutta l'energia che esso può fornire (3).


GH-Acido Lattico: cosa dice la scienza

Il lattato è ciò che dell'acido lattico resta dopo che quest'ultimo ha perso il protone (H+). Di seguito verranno utilizzati come sinonimi.


La conferma della relazione esistente tra il sistema energetico degli zuccheri e i livelli di GH arriva da una ricerca che ha valutato la concentrazione ematica di questo ormone a seguito di un allenamento sul tapis roulant in 11 persone affette dalla malattia di McArdle (4), una patologia su base ereditaria che rende incapace chi ne soffre di utilizzare i depositi di glicogeno muscolare per il metabolismo dell’omonimo tessuto. Ne consegue l'incapacità di produrre acido lattico e l'impossibilità che questo si accumuli nel sangue durante l'attività muscolare intensa; un aspetto, quest'ultimo, che ha permesso ai ricercatori di chiarire il ruolo del lattato nella risposta ormonale suscitata dall'esercizio fisico.   
Quello che ne è emerso è la prova incontrovertibile che una relazione tra i livelli di lattato e quelli di GH c'è per davvero, e nove degli undici soggetti valutati lo hanno dimostrato mantenendo pressoché ai livelli di riposo sia la concentrazione di lattato (0,3 - 1,2 mmol/l) che quella di GH (>3 microg/l) anche dopo la prova di corsa (4). 

Bibliografia

1. Jeremy C., Fransen M.S. and Kravitz L. An exercise professional’s Guide to acute hormonal Changes from Resistance exercise. ACSM’s HEALTH & FITNESS JOURNAL 2011 VOL. 15/ NO. 6

2. Willardson J. M., Norton L., Wilson G. Training to Failure and Beyond in Mainstream Resistance Exercise Programs. Strength and Conditioning Journal 2010 June; 32(3): 21-29.

3. Rhoades R., Pflanzer R. Fisiologia Generale e Umana. Gli ormoni ipofisari. 2004. Casa editrice Piccin, Padova. pp 444-446.


4. Godfrey R.J., Whyte G.P., Buckley J., Quinlivan R. The Role of Lactate in the Exercise-induced Human Growth Hormone Response: evidence from McArdle disease (Abstract). Br. J. Sports Med. 2009 Jul; 43 (7) : 521-5.

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