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domenica 24 febbraio 2013

Insulina e soddisfazione estetica.

L’enorme fabbisogno che l’allenamento con i pesi crea a livello dei muscoli può essere soddisfatto solo se li si rifornisce regolarmente di nutrienti. Chi si allena seriamente questo lo sa bene, perché ha sperimentato che il solo modo per guadagnare o mantenere la massa muscolare è quello di mangiare regolarmente ogni due o tre ore.  Nonostante questa regola sia stata una prerogativa del culturismo da quando esso esiste, gli organismi scientifici  ne hanno fortunatamente compreso la validità, iniziando a proporla come buona pratica comportamentale. 
Figura 1 Effetti dell'insulina sul metabolismo delle proteine muscolari. Le frecce 
spesse rappresentano le vie nelle quali c'è un aumento in presenza dell'insulina,
quelle in cui c'è una riduzione sono rappresentate da frecce sottili. 
Pasti piccoli e frequenti  stressano solo minimamente i sistemi di omeostasi  che regolano  la concentrazione dei nutrienti nel sangue rispetto ai pasti abbondanti e distanziati. Per cogliere appieno il significato di questo aspetto basta considerare gli sforzi che il corpo compie per regolare la concentrazione ematica del glucosio - la più rilevante forma di carboidrati presente nel sangue - a seguito di un pasto.  Dopo l’ingestione di cibo, lo zucchero arriva nel sangue.  Poiché  la concentrazione ematica di glucosio deve essere limitata e costante, un suo aumento stimola il pancreas a produrre a sufficienza l'insulina, l’ormone che attenua la concentrazione di glucosio nel sangue. La quantità d’insulina liberata è proporzionale al tipo e alla quantità dei carboidrati assunti, e il suo ruolo consiste nel rimuovere il glucosio in eccesso dal circolo ematico per distribuirlo ai  tessuti insulino-sensibili. Questi tessuti vengono così definiti perché in assenza dell’ormone sono poco permeabili al glucosio, per il quale, appunto, l’insulina esercita un effetto permissivo che ne facilita l'ingresso; il muscolo, sia scheletrico che cardiaco, e l’adipe sono accumunati tutti da questo meccanismo di approvvigionamento del glucosio.
Dopo circa otto ore di digiuno i livelli di glucosio nel sangue di una persona sana sono di circa 80 mg/dL (0,8 g/L).  Invece, a seguito dell’ingestione di un pasto contenente carboidrati la glicemia sale a 120 mg/dL (1,2 g/L).  Considerando che un uomo adulto ha normalmente una quantità di sangue che si aggira intorno ai 5 litri, si può dire che appena svegli circolano nel torrente ematico  4 g di glucosio mentre, dopo aver mangiato, la quota arriva a 6 g. In relazione all’introito giornaliero, grazie all’azione dell’insulina, il nostro organismo riesce a contenere le variazioni di glucosio entro un limite di soli 2 g rispetto all’enorme quantità di carboidrati consumati in un pasto solo (una media di 80 g per ogni piatto di spaghetti di 100 g).
L’insulina è quindi un ormone potentissimo perché capace di gestire enormi quantità di glucosio evitando che aumentino vertiginosamente nel sangue, promuovendone contemporaneamente  l’utilizzo cellulare. Tuttavia, gli effetti di quest’ormone non si limitano al metabolismo dei soli carboidrati, bensì interessano tutti i nutrienti dell’organismo.
Sul muscolo scheletrico l’attività dell’insulina è complessivamente orientata all’accumulo delle proteine tissutali. L’ormone stimola infatti il trasporto degli aminoacidi dal sangue al muscolo rendendoli così disponibili per la sintesi proteica, di cui è esso stesso un potente stimolatore (Figura 1). Contemporaneamente, l’insulina rallenta la disgregazione muscolare e inibisce la gluconeogenesi epatica, una via metabolica  capace di trasformare taluni aminoacidi (glucogenici) in glucosio. Non stupisce quindi che alcuni aminoacidi riescano a provocare la secrezione pancreatica di insulina indipendentemente dalla presenza di glucosio.
Pertanto l’insulina favorisce l'assorbimento e l'utilizzazione del glucosio nella maggior parte dei tessuti del corpo, affinché questi  lo utilizzino per le proprie necessità energetiche. Infatti, la presenza di insulina nel sangue impone che sia il glucosio ad essere bruciato come combustibile, diminuendo, al contempo, l'impiego metabolico degli altri nutrienti. Insulina e glucosio stimolano all’unisono  anche  la sintesi del glicogeno, la forma di aggregazione del glucosio presente come deposito nel muscolo e nel fegato. Tuttavia, la quantità di zucchero che una cellula riesce a contenere non è inesauribile, e quando eccede il suo limite occorre destinarne l’esubero verso altri settori del corpo. È il caso del tessuto adiposo, una riserva energetica pressoché illimitata pronta ad accogliere gli eccessi di zucchero dopo che esso è stato trasformato in grasso. L’insulina favorisce infatti la trasformazione in grassi dei carboidrati in eccesso, promuovendone successivamente l’accumulo nel tessuto adiposo.  Tuttavia è bene considerare che la quantità di grasso corporeo è determinata essenzialmente dalla quota di lipidi alimentari, perché, questa modalità di accumulo, si avvale di vie  dirette e notevolmente favorite in termini di economia energetica. Nonostante ciò, l’ingestione di grandi quantitativi di carboidrati e di forme di essi rapidamente assorbibili, provocano elevati livelli insulinemici che possono stimolarne la conversione in trigliceridi. 
Una certa quota di insulina è però sempre desiderabile in quanto capace di assicurare un adeguato approvvigionamento cellulare di glucosio e aminoacidi e rallentare la lipolisi, limitando così anche la chetogenesi (formazione epatica di composti a quattro atomi di carbonio a partire dagli acidi grassi). 
Un vantaggio ormonale di questo genere può essere ottenuto solo facendo degli spuntini regolari, a cavallo tra i pasti principali. Un’opportunità di mangiare può presentarsi per esempio a metà mattina, un’altra a metà pomeriggio e l’ultima prima di coricarsi. Ovviamente bisogna rispettare la regola degli spuntini anche quando non si ha fame perché ciò significa che i livelli di insulina sono stabilizzati e che tutto procede correttamente. È un po’ come la regola del bere, bisogna farlo poco e spesso prima che insorga lo stimolo della sete; sintomo che il corpo è già disidratato. Infatti, saltare gli spuntini non agevola la perdita di grasso, anzi, ne promuove l’accumulo, peggiorando notevolmente l’estetica del corpo. Ciò è essenzialmente dovuto alla capacità dell’insulina di regolare l’appetito a livello del SNC dove, interagendo con il centro della sazietà, riesce a ridurre l’assunzione di cibo. Saltare uno spuntino significa far scendere la glicemia e con essa anche i livelli di insulina. La caduta dei livelli circolanti di zuccheri e di insulina  altro non sono che un SOS  lanciato dal corpo per chiedere  ai centri della fame di togliere il freno all'appetito. È questo che succede al rientro dopo una giornata, magari un po' stressante, passata fuori casa; ci si siede a tavola e si mangia l'inverosimile. Il fatto è che dopo aver divorato il pasto, una forte scarica insulinica produrrà un'ulteriore riduzione degli zuccheri e con essa una forte sensazione di stanchezza e di fame. Praticante un circolo vizioso che si protrae all’infinito. Nello stesso tempo verrà però accumulato il grasso e impoverito il muscolo, condizione che conduce immancabilmente ad un decadimento della condizione fisica, sia in termini di estetica che di vigore. Andare in palestra in queste condizioni significa subire l'allenamento, e il più delle volte si prende la decisione di andarci solo per non sentirsi in colpa, passando, magari, il tempo a chiedersi il perché di tale spossatezza.

Copyright © Pasquale Di Gioia. La riproduzione non autorizzata di questo articolo è espressamente vietata. 

lunedì 18 febbraio 2013

Circa gli integratori sportivi.


La convalida dell'efficacia di un integratore sportivo possiamo ottenerla solo provandolo in prima persona; è  infatti questo l’unico modo per capire se  funziona realmente sul  nostro corpo. Tuttavia, ciò non significa che bisogna testare tutto, arrivando ad ingurgitare ogni tipo di formulato solo perché il produttore dice che funziona. Il primo passo per ottenere un reale vantaggio dagli integratori è infatti quello di informarsi, prendendosi il tempo necessario per vagliare le fonti e scegliere con giudizio a chi credere.  Mark Twain dice: “l’uomo che non legge buoni libri non ha nessun vantaggio rispetto a chi non sa leggere”. Purtroppo però, nel mondo dell’integrazione sportiva, non è sufficiente vagliare le informazioni, bensì occorre avere una predisposizione nel fiutare le bufale, soprattutto perché c'è di mezzo la nostra salute. Per questo motivo è irrinunciabile che i prodotti scelti  debbano rispettare requisiti essenziali come la sicurezza e l’efficacia. Tuttavia, a fronte della mole di informazioni e dal momento che gran parte dei messaggi pubblicizzati hanno spesso una vernice di scientificità, è difficile fare ordine in questo contesto, soprattutto quando alle ambiguità si aggiunge la malafede dei produttori.   
L’allarme lanciato dal Ministero della Salute nel corso del principale evento italiano sul doping, tenutosi a Roma lo scorso Maggio, presso l’Istituto Superiore di Sanità, ha preso di mira gli integratori “contaminati” da potenti principi attivi, prodotti in paesi con una legislazione in materia meno rigida di quella italiana e successivamente commercializzati anche da noi. L’accessibilità a questi prodotti è resa possibile dalla vendita on-line da parte di siti stranieri che, usando la nostra lingua, rifuggono alle restrizioni imposte dall’autorità locale. Eclatante è il caso di un integratore dietetico contenente lo stimolante metilexaneamina, conosciuta anche come DMAA e falsamente presentata in etichetta come “olio di geranio” o “estratto di radice di geranio”. In questo caso, come in molti altri, è lampante lo sforzo del produttore di potenziare le vendite rassicurando gli acquirenti sulla provenienza naturale del suo prodotto, facendo leva sulla credenza comune che tutte le sostanze di origine vegetale facciano bene alla salute. Sfortunatamente, questo tipo di intrugli contengono sostanze a forte attività biologica e sono quindi capaci di far insorgere effetti collaterali modesti o di elevata gravità. Solo negli USA, sono stati associati alla metilexaneamina ben 46 eventi avversi.
Ai suddetti effetti negativi sulla salute se ne affiancano altri di aspetto legale in quanto la lista di sostanze vietate dall’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA), in vigore dal 1° gennaio 2012, annovera la metilexaneamina tra gli stimolanti “specificati”. Ciò vuol dire che la sostanza incriminata è assolutamente vietata per gli atleti delle Federazioni Sportive Nazionali (FSN) che  partecipano alle competizioni agonistiche. In questi casi, il consumo di determinati integratori dietetici porterebbe, inconsapevolmente, ad assumere sostanze vietate dal codice antidoping e ad incorrere  nei provvedimenti sportivi previsti a livello internazionale. 
Il secondo criterio di scelta è fondato sulle prove di efficacia e quindi sulla valutazione della validità scientifica delle affermazioni relative alle proprietà di uno specifico ingrediente di migliorare la prestazione sportiva o l’aspetto fisico in genere. Infatti, prima di mettere a rischio la propria salute ed evitare sprechi di denaro, bisognerebbe andare al di là delle semplici testimonianze e sponsorizzazioni fornite da tecnici, da sportivi, da società sportive e  dalla televisione. Molto spesso, le pretese relative alle proprietà benefiche di un determinato composto si basano sulla presentazione di risultati scientifici, dove vengono mescolati, volontariamente, i dati ottenuti da sperimentazioni in vitro con quelli ottenuti su soggetti animali come topi, cavie o su un numero ristretto di persone. Bisogna dunque fare sempre attenzione all'interpretazione di questi risultati, perché il metro definitivo per determinarne la validità dovrebbe sempre essere il riscontro su un gran numero di soggetti umani. 

domenica 17 febbraio 2013

Circa la crescita muscolare. Seconda parte.

Figura 1 Schema del turnover delle proteine nel muscolo 
scheletrico.
Il ruolo del turnover proteico può essere facilmente compreso se si considera la modesta quantità di aminoacidi liberi presenti nel sangue. Infatti, questa quota, quella realmente fruibile dai tessuti per le proprie esigenze metaboliche, è più piccola ed estremamente costante se confrontata con quella degli aminoacidi assunti quotidianamente con i pasti. Da ciò se ne conviene che le conseguenze successive ad un giorno di privazione di proteine alimentari, o di cibo, potrebbero comportare conseguenze davvero drammatiche per la nostra salute. Fortunatamente però, entro certi limiti, non si corrono grossi pericoli perché la natura ha affidato ad alcuni tessuti il compito di rendere disponibili i propri aminoacidi nei momenti di necessità. È questo il caso del muscolo scheletrico, il tessuto che da solo contiene il 50% di tutte le proteine corporee e il più abbondante pool di aminoacidi liberi del corpo umano; è proprio da quest’ultimo che il corpo attinge in caso di bisogno.
Figura 2 La tecnica del bilancio (B) dell'azoto (N) considera
la concentrazione dell'N nelle proteine corporee e alimentari
in rapporto di 1:16. E' calcolato come la differenza tra l'N degli
aminoacidi contenuti nelle proteine dei cibi introdotto (Ni) e quello
eliminato attraverso le varie forme di eliminazione
(feci, urine, sudore e respiro) (Ne).
La composizione del pool di aminoacidi nel muscolo scheletrico è il risultato netto del turnover (sintesi e disgregazione) delle sue  proteine, della sintesi de novo, del catabolismo (ossidazione degli aminoacidi ramificati) e del trasporto all'interno o all'esterno della cellula. Quest'ultimo aspetto è condizionato dalla concentrazione di aminoacidi liberi nel sangue (Figura 1). 
Una riduzione della concentrazione di aminoacidi nel sangue
provoca una fuoriuscita degli aminoacidi dal tessuto muscolare e questo è dovuto dalla differenza artero-venosa, ovvero dalla concentrazione ematica nel sangue del vaso che entra nel muscolo rispetto a quella del vaso che ne esce. Lo spostamento degli aminoacidi dall’interno della cellula muscolare verso il sangue è garantito dalla presenza di trasportatori di membrana simili a quelli presenti in altri tessuti. 
La perdita degli aminoacidi da parte del muscolo è inevitabile quando si tratta di sintetizzare proteine essenziali, capaci quindi di garantire la salute dell’organismo e/o assicurare il rifornimento di energia ai tessuti nobili in carenza di altri nutrienti. In questi casi il corpo  attinge dal muscolo, un tessuto meno importante ai fini della sopravvivenza, avviandolo perciò al catabolismo. Lo stato catabolico che viene così ad instaurarsi comporta la perdita di proteine, e quindi di azoto, con successiva riduzione della massa muscolare. Verrà così a realizzarsi una condizione nota come “bilancio azotato negativo” dove, appunto, la quantità di azoto persa è maggiore di quella assunta con gli alimenti (Figura 2).

Anche l’allenamento che stimola la crescita muscolare promuove, in un primo momento, il catabolismo proteico. Un singolo workout con i pesi riduce infatti la sintesi proteica e incrementa la disgregazione delle proteine muscolari affinché queste vengano utilizzate per fornire energia direttamente al muscolo o attraverso la formazione epatica di glucosio. Perché ciò si realizzi non è neanche necessaria una marcata riduzione del glicogeno muscolare, è infatti sufficiente una deplezione pari al 35-55% delle scorte disponibili; proprio quello che mediamente si ottiene con sei serie di circa 12 ripetizioni.  Successivamente, al termine dell’ultima ripetizione dell’ultima serie, comincia la fase di recupero, ovvero il periodo in cui il corpo transita da uno stato catabolico (allenamento) ad uno anabolico (crescita). Durante questo periodo è necessario fornire al corpo i nutrienti necessari per il ripristino dei depositi energetici e la riparazione delle fibre muscolari danneggiate durante l’allenamento, perché è solo così che si otterrà l’ipertrofia. Infatti, durante il recupero, l’apporto generoso di proteine ed energia  consente alla sintesi di usufruire degli aminoacidi necessari alla riparazione e all’accrescimento del muscolo. La condizione di anabolismo si dissolve normalmente attorno alle 24-36 ore, periodo comunque sufficiente a promuovere la crescita muscolare e, quindi, un bilancio dell’azoto positivo (Figura 2).


Figura 3 Gli aminoacidi essenziali, contenuti esclusivamente negli alimenti, segnalano  l’avvenuto consumo di un pasto  e, di conseguenza, stimolano la sintesi proteica a livello sistemico. Questo serve a sostenere il pool di aminoacidi in tutto il corpo in previsione di periodi di restrizione alimentare (linee tratteggiate). Stimoli  meccanici (o energetici) segnalano l’avvenuta stimolazione del muscolo. L'aumento settoriale della sintesi proteica perdura diversi giorni ed  è massima (linee tratteggiate) solo se vengono consumate quantità adeguate di aminoacidi ed energia (linee continue).
Tuttavia, parlare in maniera generica di aminoacidi non esaurisce appieno la comprensione dei fenomeni che promuovono la crescita muscolare dopo l’allenamento. Infatti, oltre all’importanza dell’apporto proteico, è doveroso considerare anche il bisogno relativamente ai singoli aminoacidi. In questo contesto è interessante osservare come la crescita muscolare possa non avvenire, rendendo negativo il bilancio d’azoto (Figura 2), anche in assenza di un solo aminoacido essenziale. Gli alimenti di origine animale come uova, carne, latte e pesce li contengono tutti e nella giusta combinazione che serve a costruire il muscolo. 
Ma c’è di più. L’allenamento con i pesi crea un potenziale di risposta adattativa a carico di quei muscoli che sono stati direttamente interessanti negli esercizi ed è verso di essi che i nutrienti si dirigeranno una volta assunti. Nel sedentario questa selettività non c’è e la ripartizione dei nutrienti è sistemica, cioè avviene indiscriminatamente sia verso le cellule di grasso che verso i muscoli.

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Le tecniche ed i consigli riportati in questo blog esprimono solo le esperienze dell’Autore e quelle di altri studi ed hanno perciò uno scopo puramente informativo. È sconsigliato l’utilizzo di una qualsiasi di queste metodiche senza aver prima consultato il parere del proprio medico.

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domenica 10 febbraio 2013

Circa la crescita muscolare. Prima parte.


Figura 1
Il guadagno di massa muscolare durante un periodo di allenamento con i pesi è influenzato dall’andamento di due attività simultanee e antitetiche: la sintesi e la disgregazione delle proteine. In entrambi i casi sono gli aminoacidi ad essere gestiti, seppur con due destini metabolici differenti. Infatti, nel caso della sintesi gli aminoacidi vengono utilizzati per costruire il muscolo, al contrario, la disgregazione li rimuove e li rende disponibili per impieghi di altro genere. Il guadagno complessivo di massa muscolare o “ipertrofia” dipende proprio dall'entità della sintesi e della disgregazione proteica, e alla fine s’ottiene solo quando la prima  prevarica  sull’ultima (Figura 1). Tuttavia, temere la disgregazione delle proteine muscolari è come preoccuparsi che dopo l’autunno non ricresceranno più le foglie; praticamente bisognerebbe smettere di allenarsi.
La disgregazione muscolare è necessaria perché è con essa che il corpo si rinnova, disfacendo le proteine che sono state danneggiate durante l’allenamento. Quando le proteine vengono disgregate nei loro componenti costituenti, gli aminoacidi,  devono essere prontamente rimpiazzate attraverso la sintesi. Questo avvicendamento prende il nome di turnover proteico, un’attività vitale per la nostra salute e per la crescita muscolare.

Il turnover proteico
Le proteine sono note per essere i “mattoni” fondamentali del corpo e di tutte le cellule. Lo sono, formano la sostanza dei muscoli, dei tendini, delle ossa e di altri tessuti. Proteine sono anche gli enzimi e gli ormoni, allo stesso modo vitali nel compito di regolare e stimolare le reazioni chimiche e le funzioni organiche. Ogni proteina è composta da un numero variabile di aminoacidi, molecole peculiari per il contenuto di azoto (N).

Figura 2. Gran parte degli aminoacidi provenienti dalla disgregazione delle proteine corporee viene nuovamente impiegata per la sintesi di nuove proteine.  La biosintesi degli aminoacidi e l'assorbimento intestinale riforniscono il pool di aminoacidi liberi. Contrariamente, la degradazione irreversibile e la perdita di azoto con le urine, nonché la sintesi di importanti composti azotati con funzioni biologica (enzimi, ormoni, neurotrasmettitori e altri composti vitali) sottraggono aminoacidi al pool.


Le proteine corporee non sono mai definitive, bensì in continuo rinnovamento. Infatti, l’organismo demolisce le proteine vecchie e ne sintetizza delle nuove, ininterrottamente. Viene così a crearsi un equilibrio dinamico di ricambio continuo chiamato turnover, un’attività metabolica caratterizzata dai processi simultanei di disgregazione e sintesi delle proteine. Grazie al turnover proteico le cellule possono contare sempre su una certa disponibilità di aminoacidi che da esso s’ottiene, il così detto “pool di aminoacidi liberi”. Nonostante la quota di aminoacidi liberi sia estremamente ridotta rispetto a quella degli aminoacidi incorporati nelle proteine,  essa ne consente lo scambio tra i tessuti; di modo tale che gli aminoacidi possono essere captati secondo necessità, in qualsiasi istante e in ogni parte del corpo. Una combinazione di questi sarà quindi utilizzata per la fabbricazione dei tessuti, un’altra per adeguare la concentrazione di enzimi e ormoni al reale bisogno dell’organismo. Ogni cellula sa precisamente quali aminoacidi scegliere e lo fa con infallibile discernimento tra quelli disponibili.
Oltre a questa quota “riciclata” nella sintesi di nuovi tessuti o composti azotati, una piccola porzione di aminoacidi, derivanti dal pool di aminoacidi liberi, viene avviata ad un ulteriore passaggio catabolico e quindi persa irreversibilmente. È il caso dell’utilizzo degli aminoacidi per fini energetici o della loro trasformazione in glicidi, lipidi o corpi chetonici. Questi ultimi eventi metabolici, impongono però l’eliminazione del gruppo amminico, ovvero dell’azoto ivi contenuto che è inutilizzabile per produrre energia e sgradito all’organismo quando non incorporato negli aminoacidi; sono i reni a sbarazzarsene dopo che il fegato lo ha trasformato in urea. La perdita di azoto è inevitabile e obbligatoria, tuttavia variabile in relazione all’assetto ormonale e nutrizionale. A quest’ultimo spetta il compito di bilanciarne le perdite tramite l’apporto di fonti proteiche alimentari, la principale forma di azoto per l’uomo.

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giovedì 7 febbraio 2013

Dimagrire.

Il razionale che sottende un “sano dimagrimento”, in persone sovrappeso o obese, è legato alla possibilità di sbilanciare in senso negativo l’equazione del bilancio energetico (figura 1). In altri termini, la quantità di energia (kcal) che impieghiamo quotidianamente (spesa energetica) dovrebbe eccedere quella introdotta con l’alimentazione giornaliera (apporto energetico). Quando ciò si verifica, il nostro organismo provvede a soddisfare le sue necessità metaboliche attingendo ai depositi energetici con il risultato di una riduzione del peso e della massa grassa. Tuttavia, pianificare dell’esercizio in palestra (figura 2)  o dedicarsi ad uno sport potrebbe non essere sufficiente al dimagrimento se all’aggiunta di un programma di allenamento corrisponde una riduzione delle attività discrezionali (figura 3) svolte durante il resto della giornata. In tal modo, la spesa energetica totale potrebbe essere influenzata meno di quanto si pensi.
Dunque, la speranza di poter aumentare il dispendio energetico con l’attività fisica è legata perlopiù ad un’accurata valutazione delle attività che compongono la quotidianità e alla successiva sostituzione di quelle giudicate a bassa spesa energetica (guardare la TV) con altre più dispendiose (passeggiare).  
Per una stima, ragionevolmente accurata, dell’energia consumata per svolgere le differenti attività è possibile consultare il Compendio delle Attività Fisiche 2011, disponibile, in lingua italiana, al seguente link:


Il Compendio delle attività fisiche 2011 elenca ben 821 attività umane divise in 21 categorie (ciclismo, danza, pesca, cura della persona, attività religiose, sport vari ecc.).  Ad ognuna di esse è associato un codice a cinque cifre e un valore in MET (unità metabolica). Il valore dei MET è quello che più ci interessa in quanto esprime l’impatto dell’attività, alla quale è associato, sulla spesa energetica (kcal) della persona che la svolge. Posto che un 1 MET equivale a 0,0175 kcal per chilo di peso corporeo per minuto (dispendio energetico in una persona posta a sedere), valori di MET superiori ad 1 equivalgono, a parità di peso e di tempo, ad un dispendio energetico rispettivamente maggiore. 
Per semplicità riporto un esempio nelle figure 2 e 3, dove il dispendio energetico è da intendersi per un uomo di 70 kg che svolge ciascuna attività per un periodo di 20 minuti.
Riconoscere il valore dell’attività fisica accumulata, nell’aumento del consumo energetico giornaliero, è essenziale ai fini del dimagrimento e ciò richiede di sommare le attività di bassa intensità della comune vita quotidiana con quelle legate a esercizi svolti abitualmente nelle palestre o nei centri fitness. Inoltre,  tramite strumenti di informazione, quali il  Compendio delle Attività Fisiche 2011, è possibile scegliere, in piena consapevolezza, attività meno sedentarie, operando, quando necessario, sostituzioni o aggiunte tali da assicurarci maggior movimento per la routine quotidiana.

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lunedì 4 febbraio 2013

Di quante proteine hai bisogno?


Gran parte dei ragazzi che si allenano con i pesi sono ossessionati da come fare per ottenere un apporto adeguato di proteine, ma proprio per la maggior parte di essi, questo, è il nutriente più abbondante nella dieta. Eccedere il fabbisogno quotidiano di proteine è semplice, basta focalizzarsi sul consumo di carne, uova, tonno e bresaola e non considerare che anche altri alimenti di uso quotidiano ne contengono. È il caso del pane, della pasta, dei piselli, dei fagioli, delle noci, dei cereali da colazione a base di grano o di avena; persino le patate apportano una modesta quantità di proteine alla dieta (Tab. 1). 
Tabella 1
Anche se queste proteine non hanno lo stesso valore biologico di quelle animali, bisogna considerare che dalle nostre parti conserviamo ancora la buona abitudine di combinare in un unico piatto alimenti di origine diversa, come, ad esempio, la pasta e fagioli. L’abbinamento di legumi e cereali provvede a fornire la giusta miscela di aminoacidi, simile a quella della carne. Sebbene questi siano i fatti, c’è ancora la tendenza a valutare separatamente il contenuto proteico e conteggiare solo quello degli alimenti  di origine animale. Sicuramente, per aumentare la massa, vi avranno consigliato di consumare i soliti 25-30 g di proteine ad ogni pasto, mangiando il prosciutto crudo, le uova o altro. Considerando che normalmente si fanno 6 pasti al giorno, diventano 150-180 g di proteine; sia che siate alti, bassi, grassi, snelli, giovani, vecchi, belli o brutti. È un po’ come uccidere la mosca con il cannone, la mancanza di volontà, o di capacità, nell'impostare un adeguato consumo proteico, costringe  gli organi emuntori ad un inutile lavoro extra, senza parlare delle ripercussioni sulle finanze (le proteine costano). 
Ci si chiede allora perché tanta enfasi sulle proteine e se sia effettivamente giustificabile l’aumento dei consumi in chi si allena duramente. In realtà sì, perché l’allenamento con i pesi aumenta la sintesi proteica e con questa il fabbisogno cellulare di aminoacidi. Tuttavia, nonostante le proteine siano fondamentali per la crescita muscolare, bisogna considerare che anche il quantitativo totale di calorie (kcal) assunte giornalmente lo è. Un deficit di energia può infatti compromettere l’esito della crescita muscolare tanto quanto un apporto inadeguato di proteine e ciò è dovuto al fatto che la sintesi proteica è un processo energicamente dispendioso; basti pensare che in condizioni di riposo richiede più ATP di ogni altra attività cellulare, per un valore pari a circa il 20% della spesa energetica. Ciò dipende dal fatto che per ogni legame peptidico (legame che serve a tenere assieme due aminoacidi) sono necessarie ben quattro molecole di ATP. In questo modo, una proteina media di 300 aminoacidi esige, per la sua sintesi, una spesa di 1200 molecole di ATP. Un intake calorico insufficiente sottrae quindi aminoacidi alla sintesi, lasciando che siano sprecati per produrre energia. Non stupisce perché in caso di restrizione calorica, come nel periodo di definizione, è tanto difficile incrementare la massa.
In effetti però, il problema delle calorie non si porrebbe se la maggior parte delle proteine assunte derivassero da fonti alimentari. Questo perché gli alimenti proteici, quando consumati,  vengono comunemente accompagnati dal pane, dalla frutta e/o a da fonti di grassi. Purtroppo però, la tendenza attuale è quella di sostituire i pasti con le barrette proteiche o gli idrolizzati. In questi casi, incappare in restrizioni energetiche diventa estremamente facile.
Chi si allena da poco o chi non riesce ad ottenere i risultati sperati in termini di massa e forza, farebbe bene a rivedere il suo piano alimentare, concentrandosi meno sugli aspetti qualitativi e maggiormente su quelli quantitativi.
Le attuali raccomandazioni prevedono che le proteine siano consumate in misura del 15% rispetto al fabbisogno energetico totale. Potrebbero sembrare pochine se si considera che per gli altri due macronutrienti gli apporti concessi sono percentualmente maggiori, il 25% per i grassi e addirittura il 60% per i carboidrati. Tuttavia, un ragazzo (80 kg) che consuma 2866 kcal al giorno,  con il 15% di queste che provengono dalle proteine, avrà un’assunzione di ben 106 g al giorno che è pari a 1,3 g per chilo di peso corporeo (Tabella 2). Il valore percentuale delle proteine può comunque essere aumentato, ma questo richiede di considerare sempre e comunque l’apporto energetico.

Tabella 2

Per incrementare di peso e di muscoli è quindi fondamentale aumentare gradualmente le calorie. Procedendo con cautela,  si concede al corpo il  tempo necessario per abituarsi e si evita che l’energia in più vada a depositarsi dritta dritta sull’addome. In questo modo, il metabolismo basale accelera, consentendo solo un minimo accumulo di grasso. 100 kcal in più al giorno sono sufficienti a garantire l’accumulo di tessuto magro, tuttavia è bene verificare ogni due settimane i risultati e scegliere di conseguenza se proseguire o cambiare strategia alimentare. In più, mantenendo stabile la percentuale di proteine, col proseguire del tempo ne assumerete sempre di più ma in maniera adeguata all'apporto energetico.

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domenica 3 febbraio 2013

L'uovo.

Che sia nato prima  o dopo la gallina poco importa, la fortuna è poter disporre dell’uovo, un alimento con caratteristiche eccellenti,  adatto allo sport e all’arte culinaria.
Il basso costo, la gradevolezza, la rapidità di cottura, la versatilità in cucina sono le caratteristiche che rendono l’uovo intero molto gradito alle massaie.


Figura 1

Chi si allena con i pesi, invece, lo apprezza particolarmente per la sua capacità di fornire tutti gli aminoacidi essenziali  di cui l’organismo abbisogna per la riparazione e la crescita dei tessuti. In quest’ultimo caso però l’interesse si limita al solo albume, la porzione bianca composta essenzialmente da acqua e proteine, fra cui l’ovoalbumina, l’albumina, l’ovomucoide, il lisoenzima e l’avidina (Figura 1).
Il tuorlo o rosso, anch’esso fonte di proteine nobili e importanti principi nutrizionali, presenta lo svantaggio apparente di contenere anche i grassi (Figura 1) e perciò viene comunemente scartato per la preparazione dei pasti.

Tabella 1 
Come già detto, le uova forniscono proteine abbondanti in aminoacidi essenziali (Tabella 1), quelli che non possono essere sintetizzati nell’organismo e devono essere assunti già pronti nei cibi.
L’importanza nutrizionale delle proteine dell’uovo sta proprio in questo, sono in grado di meglio soddisfare i bisogni in aminoacidi essenziali dell’organismo per la sintesi delle sue proteine. Ciò è anche dimostrato dal fatto che il mondo scientifico le utilizza come metro per la valutazione e la comparazione nutrizionale delle proteine contenute in cibi diversi. Infatti, posto come massimo il valore biologico delle proteine dell’uovo, a scendere si collocano tutti gli altri alimenti, in riferimento alla composizione in aminoacidi delle proteine in essi contenute.
Per valore biologico (BV, Biological Value) s’intende il rapporto tra proteina depositata e proteina assorbita, che per le uova è di 93,7, mentre per il pesce è di 76, 73,3 per la carne bovina e 58 nei fagioli.
Inoltre, rispetto alla carne, le uova presentano il vantaggio di non contenere scorie puriniche, di avere un basso apporto calorico e di essere la fonte proteica di origine animale a più basso costo in Italia.
Difatti, assumere un grammo di proteine dall’uovo ci costa solo 3,9 centesimi di €, contro i 4,3 centesimi di euro del petto di pollo (l’altro alimento prediletto da chi si allena con i pesi) e 7,5 centesimi di € della carne bovina.
Per avvantaggiarsi delle qualità nutrizionali delle proteine dell’albume è indispensabile la cottura.  Infatti, il sistema digerente mal tollera le proteine dell’albume crude e riesce a digerirle solo del 51%. Quest’aspetto è legato alla presenza dell’ovomucoide e dell’avidina che interferiscono rispettivamente con  l’attività digestiva della tripsina e l’assorbimento della vitamina biotina. La cottura, anche a bassa temperatura, consente la coagulazione delle proteine e facilita l’azione degli enzimi digestivi permettendo, così, un utilizzo di queste proteine pari al 91%.
Munitevi di una padella antiaderente e versateci dentro il numero di albumi che preferite. Dopodiché basterà accendere il fornello, mantenendo bassa la fiamma, e presenziare la cottura muniti di un cucchiaio di legno. Quando l’albume inizia a solidificarsi  sul fondo,  è sufficiente mescolarlo affinché mantenga una cottura omogenea. Nel giro di pochi minuti, 3 o 4 al massimo, avrete pronto il vostro soffice pasto, facilmente digeribile e ideale per lo spuntino pre- o post-allenamento.
Figura 2
Una nota a margine è doverosa. Il tuorlo è comunemente demonizzato per via del suo contenuto in colesterolo, circa 190 mg in un uovo di 50 g. Nonostante il colesterolo degli alimenti sia ritenuto responsabile di aumentare i livelli di colesterolo nel sangue, la maggior parte di esso è prodotto dal nostro stesso organismo. Difatti, il colesterolo (Figura 2) è una molecola d’interesse primario per la salute umana, tant’è che il metabolismo complessivo ammonta a più di 1 g al giorno e solo una piccola parte di esso viene comunemente ingerita con gli alimenti. Questo perché il colesterolo è un elemento strutturale indispensabile per il corretto funzionamento delle membrane cellulari e viene inoltre impiegato nella sintesi degli acidi biliari, della vitamina D e in quella degli ormoni steroidei come il testosterone,  fondamentale per l’anabolismo muscolare.
Gli apporti alimentari di colesterolo (apporti esogeni) vanno quindi solo ad integrare la  produzione interna (sintesi endogena), la quale è capace di variare in senso opposto a quella alimentare. Quindi, se si consuma più colesterolo, la sintesi endogena diminuisce, in caso contrario, una riduzione degli apporti ne causerà una maggiore produzione.  Nonostante ciò, in una dieta equilibrata, è sconsigliabile superare i 300 mg di colesterolo con gli alimenti e nella “Piramide Alimentare Moderna” viene suggerito un consumo settimanale di 2-4 porzioni di uova intere.
Privilegiando l’albume, se ne può invece assumere con estrema tranquillità, anche in quantità non convenzionali.

Le tecniche ed i consigli riportati in questo blog esprimono solo le esperienze dell’Autore e quelle di altri studi ed hanno perciò uno scopo puramente informativo. È sconsigliato l’utilizzo di una qualsiasi di queste metodiche senza aver prima consultato il parere del proprio medico.

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sabato 2 febbraio 2013

Come ottenere il meglio dall’allenamento con i pesi.

Sia che stiate cercando di accelerare il metabolismo, tonificare i muscoli o rafforzare le ossa, gli esercizi con i pesi saranno il vostro più grande alleato per il raggiungimento degli obiettivi che vi siete prefissi. Di seguito riporto alcuni semplici consigli utili a migliorare l’efficacia della vostra routine di allenamento:


  1. Assicuratevi di indossare un abbigliamento adeguato e delle scarpe comode. 
  2. Prima di allenarvi eseguite sempre degli esercizi di riscaldamento. 
  3. Iniziate con un peso che vi consenta di eseguire agevolmente un numero consecutivo (serie) di 10 o 12 sollevamenti (ripetizioni). Quando avrete acquistato forza, farete la scelta di aumentare il numero di ripetizioni o il peso (mai contemporaneamente però). Se riuscite a completare una serie di 12 ripetizioni con eccessiva facilità, provate ad incrementare il carico del 5 per cento. 
  4. Sollevate e abbassate i pesi lentamente, con un movimento fluido e controllato. 
  5. Non trattenete mai il respiro durante l’esecuzione degli esercizi, potrebbe causare un brusco aumento della pressione sanguigna. Invece, espirare durante la fase di sollevamento e inspirate quando riportate il peso nella posizione iniziale. 
  6. Tra una serie e la successiva osservate sempre un periodo di riposo, prendetevi quindi una pausa tanto lunga quanto maggiore è il peso che vi apprestate a sollevare. 
  7. Come indicazione di massima, allenate in prima battuta i grandi gruppi muscolari (gambe, schiena, petto e dorso) con esercizi capaci di coinvolgere contemporaneamente anche i muscoli più piccoli. In questo modo eseguirete un piano di allenamento completo. Provate anche a lavorare i muscoli in coppie opposte come ad esempio i tricipiti (posti sul retro del braccio) e i bicipiti (presenti sulla faccia anteriore del braccio). In questo caso si tratterà di impegnare in maniera alternata gruppi muscolari che lavorano in opposizione (antagonisti). 
  8. Per aumentare il trofismo ed incrementare i livelli di forza sarà necessario che vi alleniate con i pesi dalle tre alle quattro volte a settimana. 
  9. Ricordatevi di non impegnare mai gli stessi muscoli in giorni consecutivi perché questi necessitano di un recupero minimo di 36 ore. 

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venerdì 1 febbraio 2013

Lo stepping.


Nonostante l’argomento 'dimagrimento localizzato' sia controverso e attualmente ancora molto dibattuto, le evidenze dimostrano che un allenamento integrato di attività aerobica e di esercizi di tonificazione comporta benefici tanto alla zona che si vorrebbe far dimagrire quanto a tutto il resto del corpo. Ecco un esercizio specifico per gambe e glutei adatto, con le dovute precauzioni, a tutti. Lo stepping è l’attività di salire e scendere ritmicamente da un supporto immobile. Si tratta di un esercizio con forte componente antigravitaria praticato su un gradino (di solito uno step) di altezza variabile  utilizzato, in genere, negli esercizi a corpo libero e di aerobica. Lo stepping sollecita numerosi muscoli e ha un effetto positivo anche sull'apparato cardiovascolare. Il coinvolgimento muscolare interessa direttamente i muscoli delle gambe e in modo specifico i quadricipiti, i glutei, gli ischio-crurali nel loro insieme e i polpacci. Indirettamente vengono messi in azione tutti quei muscoli che, esercitando una tensione dinamica sulla colonna vertebrale, garantiscono, nel complesso, la stazione eretta durante l’esecuzione dei passi sullo step. Oltre ad essere un’attività a basso impatto, capace di tonificare e potenziare i muscoli su elencati, lo stepping è un esercizio di tipo aerobico che aiuta a bruciare le calorie (kcal) e a migliorare contemporaneamente la funzionalità cardiopolmonare.  A conferma di ciò, prove di laboratorio della State University di San Diego hanno dimostrato che durante l’esecuzione dello stepping gli stress biomeccanici esercitati sulle articolazione dei piedi sono simili a quelli di una marcia condotta a circa 5 km/h, mentre i benefici sul sistema cardiopolmonare sono paragonabili a quelli di un allenamento di corsa eseguita a 11 km/h. Ciò non toglie che prima di iniziare l’allenamento si debba verificare che lo stato delle articolazioni delle ginocchia sia nelle migliori condizioni. Infatti, l’esercizio sollecita le ginocchia in modo continuo, per cui, se si hanno problemi alle gambe o alle articolazioni inferiori (caviglie e ginocchia), è meglio dedicarsi ad esercizi di altro genere. Il dispendio energetico (consumo in kcal) nello stepping è determinato dalla frequenza (F) degli atti di salita/discesa compiuti in un minuto (steps/min). Come detto, frequenza e altezza rappresentano le due variabili del consumo calorico nell’esercizio di stepping e, come tali, possono essere diversamente combinate per ottenere un dispendio energetico pari a quello desiderato. Nonostante tale scelta possa ricadere su un’infinità di soluzioni, i valori ottimali di frequenza e altezza, consigliati dall’American College of Sports Medicine (ACSM), sono rispettivamente compresi tra 12 e 30 steps/min e tra 4 cm (0,04 m) e 40 cm (0,40 m). Tuttavia, è bene precisare che l’esercizio di stepping può essere considerato un’attività aerobica solo quando viene  praticato in maniera ritmica, caratterizzato, cioè, da cicli completi (salita + discesa) eseguiti senza soluzione di continuità e ad un livello di sforzo tale da non far sopraggiungere il fiatone.

Riproduzione vietata.